ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
 
I Simboli dell’Epifania: Re Magi e Befana
a cura di Fassio Lidia
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Nella tradizione cristiana, i Magi sono coloro che partirono dall’Oriente per andare a rendere onore a Gesù Bambino che simboleggiava la “nascita divina” attesa da anni nella zona.
Probabilmente i Magi arrivavano dalla Persia ed avevano seguito la Stella.. che, secondo la rivelazione divina annunciata da Zarathustra che preannunciava una nascita straordinaria ovvero quella di un “Salvatore”.
I Magi arrivarono alcuni giorni dopo la nascita ed infatti, nella tradizione si festeggiano il giorno 6 di gennaio, giorno dell’Epifania, festa di cui parleremo in seguito.
Il numero dei Magi è molto incerto sebbene nell’immaginario popolare siano sempre stati 3 identificati con i nomi Gaspare, Melchiorre e Baldassarre ma in realtà questi nomi apparvero solamente intorno al IX° secolo. Anche la loro regalità.. è “pura leggenda”; sembrerebbe infatti che il ruolo di Re lo abbiano avuto per far calzare a pennello la profezia suddetta. Le più antiche pitture romane rappresentavano a volte due, a volte quattro e a volte sei Magi e quindi è rimasto un mistero sapere quanti fossero in realtà.
Sono nominati però nel Vangelo di San Matteo. E’ interessante invece il fatto che le reliquie dei Magi furono portate dalla Persia a Costantinopoli nel IV° secolo e poi, successivamente trasferite a Milano dove riposano in tombe di granito nella basilica di S. Eustorgio che ci sono tutt’ora. Il loro viaggio però si concluse ad opera di Federico Barbarossa che le volle a Colonia, in Germania. La parola Magi significa “partecipi del dono”; i loro doni sono ovviamente simbolici:
- l’oro significava il riconoscimento della regalità:
- l’incenso quello della divinità
- la mirra quello del sacerdozio eterno.

Su questi significati simbolici ovviamente vi sono state lunghe diatribe tra le dottrine orientali e quelle occidentali.

La simpatica vecchietta, ovvero la Befana

La festa della Befana, una vecchietta simpatica ed un po’ strampalata, si incarica di portarle via tutte riconsegnandoci al lavoro e alla quotidianità del nuovo anno.
Tutti i bambini sperano in un ulteriore regalo, l’ultimo della serie.. magari un po’ meno ricco ma più utile degli altri – dato che le sue possibilità sono decisamente inferiori a quelle di Gesù Bambino e Babbo Natale”.
Sanno però che qualcosa arriva sempre, ammesso che si ricordino di appendere una calza, cosa per lei fondamentale. La Befana passa per il camino e la calza va messa li in modo che la vecchietta non debba perdere tempo per andare alla ricerca di un luogo dove posare i suoi doni.
Un tempo, neppure troppo lontano, la Befana portava noccioline americane e mandarini, a cui si aggiungeva spesso il famoso “carbone” riservato a chi non era stato buono; oggi è impensabile che questo possa accadere e ogni bambino attende un gioco, un vestito o qualcosa che possa poi utilizzare. Il carbone può esserci ma è quasi sempre quello dolce, a ricordo dell’antica tradizione.
In ogni caso, anche se la Befana è vecchia, ha i vestiti rotti, le zoccole e qualche dente mancante, ha sempre un grande fascino e nessuno vede nel suo enorme naso un lato “streghesco”, ma solamente quello bizzarro.

Chi di noi non è affascinato dalla figura della Befana che arzilla e senza paura cavalca il cielo con la sua scopa di saggina e scende per i camini a lasciare ciò che è riuscita ad acquistare con i suoi pochi soldi. Il suo gonnellone e il suo foulard.. lo conoscono tutti, come conoscono le sue mani rugose con i guantini che lasciano scoperte le dita piene di nocche…
In ogni caso, per i bambini il rito della “calza” è estremamente interessante perchè mantiene il contatto con qualcosa di magico che, nella vita moderna si è un po’ perso; tra l’altro, la figura della “vecchia strega” che porta i doni ai bambini consente di esorcizzare la paura della vecchiaia, e, in certi contesti anche quella del femminile, soprattutto di un femminile un po’ streghesco .

Non si può dire che la storia della Befana possa essere considerata una vera e propria favola, è più facile pensare che si tratti di una serie di leggende che si sono tramandate nel tempo oralmente e che affondano le loro radici nell’antichità, ovvero in quel periodo della storia dell’umanità in cui le immagini femminili subirono una dolorosa trasformazione passando da “Dee cariche di potere simbolico” a “streghe povere, vecchie e sole”, soprattutto se venivano accreditate di qualche potere magico.

L’immagine della vecchietta trasandata che viaggia su una scopa di saggina ha un forte potere evocativo sul tema della povertà e dell’emarginazione che era tipica delle donne che non entravano nei canoni morali imperanti.

In effetti, la trasformazione del femminile partì dalla lontana filosofia greca che, dovendo imporre i miti solari maschili come vincenti su quelli lunari, ormai tramontanti, finì per creare via via un’atmosfera e una tonalità negative intorno a tutto ciò che era “femminile” e che incarnava un “forte potere femminile”; ovviamente tutto ciò era dovuto all’enorme minaccia che la nascente mitologia solare percepiva nell’ancor onnipresente mitologia lunare e matriarcale.

Ovviamente la storia di un qualcosa di potenzialmente avvicinabile all’idea di una figura femminile che porta doni risale all’epoca romana allorché l’imperatore Aureliano aveva proclamato il 25 dicembre come “festa del Sole” a partire dalla quale per 12 notti consecutive (fino al 6 di gennaio) un grandissimo tronco di quercia doveva bruciare senza mai spegnersi; lo scopo consisteva nel produrre il carbone che serviva ad interrogare gli auspici per conoscere le sorti dell’anno che iniziava.
Qui per la prima volta troviamo il simbolo del “CARBONE” che è uno dei doni preferiti dalla nostra amata vecchietta ma che, in realtà, è simbolo di grande fertilità legato ai culti arborei femminili e ai fuochi sacri: nell’antica Roma il carbone è legato alla credenza popolare che voleva che fosse proprio la dea DIANA - nelle fatidiche 12 notti che precedevano il 6 gennaio - a volare insieme ad altre dee della natura sopra i terreni agricoli rendendoli particolarmente fertili; questo rituale diveniva propiziatorio solo se c’era stata una buona produzione di carbone segno che era stata bruciata una grandissima quercia in onore della Dea; in caso contrario il volo poteva essere del tutto infruttuoso il che anticipava un anno molto difficile sul piano della produttività della terra.
Con la caduta dell’impero romano e la sempre crescente filosofia cristiana Diana cadde in disgrazia e uguale sorte ebbero la maggior parte delle divinità femminili che vennero trasformate nell’immaginario collettivo in streghe maligne, orribili ma temute in quanto considerate capaci di usare la magia in modo negativo. Ed è così che Dee bellissime diventarono brutte megere, vestite di stracci coperti da grembiuli trasandati; quasi sempre sdentate, con nasi adunchi pieni di bitorzoli e con i capelli perennemente in disordine coperti da grandi foulards.
Ovviamente tutto ciò serviva a renderle non appetibili e… questo la dice lunga sulla temuta seduzione femminile.

La Befana porta con sé molte di queste particolarità ma non perde neppure totalmente i lati positivi. In effetti, quando fece la prima apparizione ufficiale in una festa a lei dedicata, eravamo nel 13° secolo e, in suo onore si cantava, si ballava e si organizzavano grandi fuochi; è interessante però sapere che per circa 250 anni di storia le Befane furono tante, mentre verso la fine del ‘600 diventarono due: una prevalentemente bonaria che portava doni ai bambini buoni e l’altra inquietante e stregonesca che portava carbone a quelli cattivi cercando anche di spaventarli.

In quest’epoca sono più che mai chiare le proiezioni della paura del femminile su donne che facevano paura; siamo infatti nel periodo clou della lotta alla stregoneria che aveva bandito e rinnegato tutto ciò che nell’antichità apparteneva alle donne trasformandolo in qualcosa di negativo: la fantasia divenne follia; la magia bianca divenne nera; , la capacità di guarire con le erbe divenne diavoleria; l’intuizione stessa… era considerata un suggerimento del maligno; tutto veniva caricato delle proiezioni torbide e terrifiche che gli uomini mantenevano soprattutto nei confronti della sessualità femminile che consideravano con sospetto e con invidia. Tutte le feste pagane in onore della natura vennero svilite e considerate “sabbah di streghe” e le donne che vi partecipavano erano considerate possedute dal demonio e, pertanto, indegne di vivere nella civiltà.

Ciononostante il culto delle due Befane rimase diventando creature intermedie che più avanti nella storia ridiventarono finalmente di nuovo “UNA” dotata però di un carattere a fortissima ambivalenza, capace di passare da vecchia bisbetica intrattabile a vecchietta un po’ bizzarra e strana, ma più amabile. Certo, i doni della Befana erano prevalentemente agricoli: noci, arance e… carbone che, anche se ai giorni nostri viene visto come qualcosa di negativo, un tempo era tuttavia di buon auspicio oltre che utilizzabile visti gli inverni rigidi.

E’ indubbio che a modellare l’immaginario collettivo hanno contribuito anche le leggende nordiche che veneravano Santa Lucia, detta la santa della Luce e della Manifestazione, figura femminile che portava doni.

La vecchietta però potrebbe anche collegarsi alla “vecchia saggia” delle mitologie medio orientali, figura di spicco che i Magi interrogarono per avere indicazioni sulle strada da seguire per giungere alla grotta della natività. La vecchietta però, nota per il suo carattere difficile, si rifiutò di accompagnare i tre Re e solo il giorno successivo si decise a mettersi in cammino per raggiungere essa stessa Betlemme senza riuscire nell’impresa. Da quel momento la leggenda vuole che lei il 6 gennaio – giorno dell’adorazione dei Magi – passi in tutte le case a portare doni ai bambini.

Anche in questo caso è difficile comprendere se la leggenda nacque in questo modo o se ha subito verosimilmente l’aggiunta di quest’ultima parte durante la fase medioevale in cui non si poteva passare l’immagine di una creatura di saggezza femminile.

A noi uomini moderni poco importa delle traversie che lei ha dovuto subire nella storia; ciò che conta è che sia arrivata fino ai nostri giorni, ancora in grado di volare con la sua scopa al di sopra dei grattacieli, infilandosi magari nei condotti dell’aria condizionata più che nei camini per mettere nelle nostre calze ciò che porta nel suo sacco.
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