ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
 
La violenza sulle donne
a cura di Fassio Lidia
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La cronaca degli ultimi anni ha continuato a registrare violenze di ogni tipo ma, ciò che colpisce in modo particolare, è il tema costante dell’accanimento sulle donne. Un caso proprio in questi giorni: una giovane romena si è buttata dalla finestra per evitare uno stupro riportando gravissime ferite alle gambe; ma, purtroppo, non è certo il solo caso per cui è d’obbligo una riflessione.

E’ sconvolgente l’intensità delle violenze fisiche, psicologiche e sessuali che ancora vengono perpetrate sulle donne, spesso in nome dell’ “amore”. La cronaca li chiama “delitti passionali” e questa dicitura, a mio avviso, dà adito a grandi fraintendimenti in quanto, sembra quasi giustificare certi eccessi quando c’è di mezzo la passione; ciò che è certo è che la parola “amore” dovrebbe essere messa da parte in questi drammatici casi, poiché quel particolare sentimento è decisamente il grande assente che lascia il posto a istinti brutali quali l’aggressività, l’odio, il rancore e la crudeltà che nulla hanno a che fare con l’amore per un’altra persona che prevede, prima di tutto, il rispetto per la sua libertà, per i suoi sentimenti e per il suo corpo.

In questo articolo non voglio trattare violenze specifiche, ma voglio soffermarmi sulle violenze più comuni, quelle domestiche e relazionali purtroppo ancora tante e molto sommerse, nel senso che le statistiche mettono in luce il fatto che solo una donna su cinque denuncia chi la maltratta e abusa di lei, anche perché frequentemente è il suo uomo, il suo compagno, colui con il quale vive, da cui dipende emotivamente e spesso anche economicamente per cui l’idea della denuncia non fa che aprire la porta a successive ripercussioni ancora peggiori di quelle che già vive.

Si leggono con molta frequenza casi di cronaca di donne che per anni hanno subito maltrattamenti e vessazioni da parte dei loro mariti e conviventi; a volte la situazione è così tanto degenerata da giungere all’ irreparabile ovvero alla morte della donna stessa con lui che finisce in carcere, magari confessando e dicendosi pentito di ciò che ha fatto.

La prima domanda che sorge spontanea è: “ perché mai questa donna ha atteso tanto? Perché non è stata capace di chiudere questa relazione in tempo? Perché non ha chiesto aiuto e non si è fidata dei parenti, degli amici o delle istituzioni preposte a difendere chi è impotente o in stato di momentanea difficoltà? O ancora, perché il mondo sembra essere indifferente a molti di questi casi che spesso vengono liquidati come degrado culturale, morale e sociale oppure, se si tratta di ambienti benestanti, come eccessi di stress o follia” ? Nel caso però, perché tanta “follia” ?; che cosa ci vogliono dire, da un punto di vista “sociale”, questi ormai quotidiani atti di brutalità?.
Non possiamo semplicemente liquidarli come fatti che riguardano gli “altri” perché, come diceva Jung, ognuno è parte del problema che vive e che gli gira attorno e non è certo chiudendo gli occhi ed assolvendoci che potremo comprendere e cambiare la situazione. Queste situazioni nascondono retroscena psicologici non certo facili da individuare in una società che sembra promettere tutto: parità dei sessi, libertà, “benessere” e felicità per tutti.
Se la nostra vita è sana, se siamo liberi e se viviamo bene, allora perché tante persone perdono la bussola e buttano via la propria vita o quella altrui?

E’ così difficile per le nostre coscienze ammettere che in realtà ci sono moltissimi problemi soprattutto sul piano relazionale e che, purtroppo, è ancora molto diffusa la violenza sulle donne e, non solo tra gli extracomunitari come siamo soliti pensare per alleviare il peso della nostra coscienza?

Purtroppo, vi sono ancora moltissime persone che vivono relazioni altamente disfunzionali, in cui si creano strane “collusioni” tra il marito violento ed abusante e la moglie che, apparentemente, permette l’abuso in quanto manca di una serie di strumenti, personali e famigliari, che aiuterebbero entrambi ad uscire da questa situazione prevenendo situazioni che, altrimenti, sono destinate a degenerare.

Chi subisce violenza, purtroppo, la conosce già, è un “contenuto” interno alla sua psiche; in genere si tratta di persone che sono state già state vittime nell’infanzia e che, pertanto, sembrano andare incontro al loro destino in modo diretto, senza mezze misure. La parola “collusione” si traduce con “giocare insieme”; in pratica, indica un alto grado di complicità - ovviamente inconscia – che si crea tra la “vittima” e il suo “carnefice”. Sottolineo l’incoscietà di questi comportamenti, giacchè non esiste certo una volontà cosciente di restare ancorati ad un certo tipo di rapporto degradato, ma, purtroppo c’è una reale incapacità di reazione che giunge da problematiche di autostima e di valore di sé a cui se ne aggiungono altre di ordine cognitivo. Si tratta di soggetti che sono rimasti emotivamente bloccati da precedenti esperienze di violenza che hanno inibito o esasperato l’uso della propria forza, del proprio potere personale e della propria volontà. C’è, nella vittima, un senso di rassegnazione che nasce dalla percezione di non avere diritti e di non avere possibilità e, nel carnefice, un senso di rabbia e di risentimento verso la vita che finisce per non lasciare scampo fino a condurlo ad agire la propria violenza su qualcuno che, in genere, è proprio la persona che dicono di amare.

Questa è la parte che risulta difficile da comprendere a chi, essendo sano e in grado di decidere, reputa impossibile che una persona resti in una situazione terribile senza fare nulla per cambiarla, semplicemente subendola ed accettandola.

L’abusante invece, ha in un certo senso trovato condizioni particolarmente “adatte” a mettere in atto i suoi tragici espedienti giacchè, fin dalle prime forme di aggressività, si è perfettamente reso conto che la donna non era in grado di difendere sé stessa e i figli poiché restava impietrita e paralizzata esattamente come faceva quando era piccola in presenza delle prime vere violenze.

Indubbiamente, l’abusante trova così un “terreno predisposto e facile” a creare stati particolari di tensione e di paura da cui l’abusato non ha facilità ad uscire e la cosa più eclatante consiste nel fatto che queste donne generalmente sono intrappolate dal terrore, ma anche da antichi sensi di colpa che le imprigionano quanto e più della paura dentro ad una nebbia psicologica che le paralizza e le fa sentire incapaci di trovare una via di fuga. E’ come se pian piano si restringesse sempre più la loro possibilità di azione fino a non vedere soluzioni e, quindi, fino a rassegnarsi a non cercarne neppure più aiuto.

Queste donne entrano in una particolare condizione di “stress e di esaurimento delle proprie forze e restano per così dire, senza energia” che permette loro di restare a lungo in una condizione di totale passività che può arrivare fino alla rassegnazione e all’asservimento totale alla persona con cui vivono.
Questa infatti è la parte più difficile da comprendere: come mai queste persone reagiscono alla violenza, al sopruso e al maltrattamento di ogni genere, fisico, emotivo e psicologico con una passività totale, senza neppure accennare una difesa che, come tutti sappiamo, dovrebbe giungere da un innato istinto di sopravvivenza?
Ci sono donne che sfidano la morte quasi ogni giorno con mariti alcoolisti e violenti, senza ribellarsi e, a volte, senza essere in grado di sottrarre alla violenza i figli che restano incatenati a lei e alla situazione che si è creata.
Sostengono di avere paura anche quando è sicuramente molto più pauroso restare in quella situazione che non sfidare il destino andandosene.

Queste donne hanno un grandissimo bisogno di aiuto a tutti i livelli proprio perché, in questi casi, i partners sono riusciti con una grandissima abilità a fare letteralmente terra bruciata attorno a loro fino ad azzerare totalmente la loro volontà e capacità di difesa, in quanto hanno azzerato il loro senso di valore personale.

Vi sono 4 comportamenti chiave che vengono messi in atto dai partners violenti e persecutori:

- il primo è quello di creare un senso di isolamento; pian piano il partner diventa l’unica figura con cui la vittima si rapporta e questo spesso è dovuto al fatto che chi è violento e sa di non valere, è anche geloso e pauroso del confronto, per cui non vuole che la donna contatti altre persone; è ovvio che se lei avesse possibilità di confrontarsi all’esterno manterebbe con molta più facilità la percezione della sua difficoltà e la voglia di uscirne perché sarebbe maggiormente in contatto con sé stessa.
- In queste situazioni spesso la donna lavora con il marito, o fa la casalinga – quasi mai si tratta di una donna che lavora e quindi non è neppure autonoma e non ha confronto con gli altri e il mondo esterno.
- Il fatto poi di essere picchiata va a smuovere un profondo senso di “vergogna” che attiva nella donna il bisogno di non farsi vedere e di isolarsi (questo anche per nascondere i segni delle violenze che sarebbero inequivocabili).
- Tutte le vittime di abusi finiscono per sentirsi in colpa, qualunque sia l’abuso subito e quelli fisici non fanno eccezione.
- Spesso queste donne vengono svalutate, disconfermate, criticate ed accusate: tutto questo ha il solo scopo di creare enormi sensi di colpa che, nel tempo, producono la sensazione di non sapere più se si ha o non si ha diritto di reagire e se si è o non si è responsabili di ciò che accade. C’è sempre in queste donne una grande confusione, indotta dall’abusante, rispetto a queste cose.
- Queste vittime, sono anche accusate di tradimento e di colpe che non hanno mai commesso ma che vengono utilizzate per distruggere completamente il già precario senso di autostima.
- Un altro problema grosso che favorisce il senso di impotenza totale è quello dell’imprevedibilità: soprattutto i partners alcolisti vanno totalmente fuori controllo e questo getta la donna e i figli nello sconforto perché non vi è modo di prevedere cosa farà scattare la violenza né quando scatterà.
- Si vive in una sorta di effetto “trance” che le fa prigioniere dentro la loro stessa casa, paralizzate e incapaci di fuggire perché incapaci di trovare forza interna.
- Umiliazioni e minacce sono l’ultima fase della situazione: quando si è riusciti a creare forti sentimenti di colpa e sensazioni di non valere, a quel punto le umiliazioni continue tendono a farla sentire una assoluta nullità, per cui nessun altro mai potrebbe interessarsi a lei.
- L’uomo, attraverso queste accuse e queste modalità, crea così un vero e proprio vortice circolare da cui lei farà sempre più fatica ad allontanarsi anche perché nel caso la donna abbia fatti dei tentativi non andati a buon fine, le minacce sono aumentate di intensità. Entrano quindi in una spirale spaventosa fatta di paura continua che induce a pensare che non potranno sopravvivere ad una nuova aggressione.

Ovviamente perché possano innescarsi queste condizioni occorre che la donna abbia già sperimentato abusi nella sua infanzia e che vi siano dei “contenuti” di questo tipo nel suo tema natale; è il passato ad averla gettata in un grave senso di oppressione e a richiedere come difesa lo sviluppo di stati di “trance ipnotica”. L’abuso antico sicuramente aveva scatenato paura, rabbia, dolore, però era stato vissuto in uno stato di totale e reale impotenza per cui, in quel caso, anche la rabbia sarebbe stata troppo rischiosa da esprimere; è allora che si è imparato a tendere i muscoli, ad isolarsi psicologicamente ed a resistere scollegando le emozioni dal corpo; in questo modo si è diventati grandi ma “invalidi”, nel senso che è comunque sopraggiunta una sorta di “morte psichica ed emotiva” in quanto non vi è stata né difesa nè contenimento e questa mancanza non ha permesso alla donna di sviluppare per sé stessa capacità autentiche di protezione, per cui, da adulta, con facilità estrema andrà incontro a situazioni analoghe perché, in un certo senso, le saranno “familiari” e già conosciute.

Queste donne, una volta liberatesi della situazione devono affrontare un grande lavoro sul ricontattamento della rabbia e sull’autostima; tutto questo è auspicabile ed è il passaggio obbligato per il ritrovamento della forza, della dignità e del diritto ad esistere e ad esprimere la propria volontà. Questo significa che chi si trova in questi frangenti deve ricorrere all’aiuto o delle istituzioni o di un bravo terapeuta che sappia ricreare quel territorio di fiducia da cui potrà ripartire verso una vita sana.

A livello astrologico i problemi di abuso sono spesso legati a dinamiche Plutoniane; in temi femminili, le quadrature e le opposizioni tra Plutone e Marte, soprattutto quando quest’ultimo pianeta ha anche rapporti con la Luna e/o con Saturno, può sicuramente evidenziare un difficilissimo ed invischiante rapporto con il potere maschile, introiettato in maniera distorta nell’infanzia; questa condizione ha sviluppato emozioni intensissime, molto ambivalenti e difficili da arginare in quanto foriere di sentimenti di amore e odio, piacere e vergogna, desiderio e repulsione per cui si è dovuto passare alla negazione e alla rimozione per poter sopravvivere. Si sono inoltre percepiti, magari in maniera convulsa, sentimenti che andavano dalla paura alla rabbia, ma contemporaneamente si viveva il profondo senso di impotenza dovuto alla condizione di essere piccoli ed indifesi in mano ad una persona – l’abusante - che per la bambina, è anche una figura di riferimento chiave nella vita.
Tutto questo crea un profondo bisogno di falsare le percezioni e il sentire fino a mistificarli totalmente e a scollegarsi da essi (in questi casi lo stato di trance annebbia e rende più difficile la percezione del dolore ma, al tempo stesso, agisce sui segnali di pericolo facendoli diventare meno leggibili); la rabbia è così intensa che deve essere rimossa e così ci si scollega da essa; mancando questo contatto, si perderà gradualmente anche la forza finendo per subire ulteriori umiliazioni senza piu’ essere in grado di reagire perché, interiormente, si coltiva la colpa di non essere “puliti” e, di conseguenza, di non “avere diritto”.

Negli uomini situazioni astrologiche simili vengono vissute come un profondo blocco all’espressione del proprio potere personale e come un bisogno di rivalsa nei confronti degli altri ed in particolare delle persone con cui entrano in relazione.
La paura di essere sottomessi psicologicamente agisce come molla contro cui difendersi e innescare meccanismi profondamente distruttivi.
Gli stessi aspetti del tema natale invece di essere vissuti in maniera passiva secondo le modalità dell’”acting out”, vengono invece agiti in maniera attiva “acting in” e, di conseguenza, scaricati sulle compagne.

I rapporti Luna Marte invece creano nelle donne un continuo bisogno di sfida interna che può essere a lungo mantenuta inconscia ma che conduce a tendenze autolesive, oppure alla ricerca di soggetti squilibrati e violenti con cui vivere emozioni potenti, ma pericolosamente eccitanti; negli uomini agisce invece con un sottofondo di rabbia e rivalità contro il mondo femminile che si percepisce instabile, imprevedibile ed aggressivo. Sulle donne infatti, vengono proiettate la violenza subita e la precarietà emotiva vissuta nell’infanzia. Negli uomini, gli aspetti di Luna Marte producono anche una difficoltà profonda con la gestione della rabbia.

Senza dubbio in questa situazione è bene anche comprendere cosa succede negli uomini che, sembrano diventati maggiormente incapaci di gestire la loro rabbia e le loro pulsioni. Di fronte ad un rifiuto o ad un abbandono sembrano perdere completamente la bussola e non essere in grado di bloccare l'istinto a distruggere.

Ciò che è importante comprendere sono i “contenuti inconsci” che agiscono coercitivamente e che, durante i transiti, verrano “rievocati” e quindi, risaliranno in superficie. In quell’occasione vi sarà la possibilità di rivedere il proprio passato in modo da poterlo analizzare, comprenderlo e rendere creative le energie vissute prima in modo distruttivo . Allora, le potenti energie plutoniane potranno finalmente essere canalizzate dall’Io e mettersi al servizio dell’intera personalità. In quel momento, la Luce entrerà ed illuminerà gli abissi.
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