ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
 
Colpa, senso di colpa e mediazione
a cura di Simona Cernicchi
Inserito il su Eridano School - Astrologia e dintorni
 

Sguardi sulla colpa



Il concetto di colpa può essere letto, attualmente, da vari punti di vista.



C'è la colpa giuridica in senso lato, intesa come violazione di un codice normativo esterno, che cambia nel tempo e nello spazio. Ci sono, ad esempio, sia condotte che cinquant'anni fa erano considerate reato ma che adesso non lo sono più, sia condotte considerate reato in alcuni paesi e in altri no. Chi compie atti non accettati socialmente, chi viola le norme collettive può essere punito con il carcere, allontanato e guardato con sospetto dal "resto" della comunità.



C'è una colpa religiosa, dove colpa significa compiere un peccato, disobbedire alla volontà di Dio, rompere il patto armonioso con quest'ultimo e, di conseguenza, aver timore di una punizione divina. L'uomo colpevole, per ricreare tale patto, deve chiedere perdono a Dio, espiando il peccato commesso.



C'è una colpa ontologica, dove la colpa è vista come uno stato che contraddistingue l'essere umano. È "la colpevolezza dell'uomo davanti al suo esistere" (Aldo Carotenuto). È il realizzare, nonostante le sue infinite potenzialità, soltanto parzialmente se stesso e quindi, in senso opposto, il mancare parti della propria esistenza o, meglio, il mancare la propria esistenza nella sua totalità.



C'è una colpa psicoanalitica. Qui, in realtà, si passa dalla colpa al senso di colpa quale "stato emotivo squisitamente soggettivo" (Carotenuto). Ma in questo caso, in assenza di un crimine reale, "nessuna espiazione è possibile", salvo risalire alle "cause" che hanno determinato tale stato. Il conflitto è interiore, il tribunale ha sede dentro di sé, il processo e il carcere avvengono al proprio interno. E se, in linea teorica, il tribunale collettivo, alla fine del processo, commina la pena e il carcere esterno la estingue, un uguale percorso avviene anche dentro di sé. La colpa è terribile. Il giudice è un vecchio e puntiglioso tiranno, non si riposa mai, richiede sempre di essere all'altezza e non fa che sabotare e paralizzare la vita. Il processo è un rinvio continuo. E la pena, quando arriva, è una perversa autopunizione perché la colpa va espiata e il debito risarcito.



Ma sa il tribunale esterno spiegare qualcosa della colpa commessa? E lo sa fare quello interno? E la vittima chi è, che fa, cosa aspetta che accada? 



Il capro espiatorio



Nella mitologia greca non c'è alcun concetto di peccato come lo intendiamo noi. Lidia Fassio ci ricorda che i greci conoscevano solo la hybris intesa come peccato di orgoglio contro gli dei, consistente nel volersi sostituire a essi. E dinnanzi all'offesa di una divinità, questa invocava una maledizione che non toccava solo il singolo autore di hybris ma tutta la sua stirpe fino alla settima generazione.



Già con la religione ebraica il concetto di peccato cambia e acquista sempre più importanza la punizione pubblica. Inizialmente, una volta l'anno, all'interno delle mura di Gerico, tutto il popolo di Israele assisteva al rituale del capro espiatorio. Il gran sacerdote leggeva, sulla testa di un capro, tutti i peccati commessi dal popolo di Israele, dopodiché il capro veniva ucciso. Con questo rituale si tornava in relazione con Dio. Con il passare del tempo questo rituale cambiò moltissimo. Non veniva più fatto all'interno delle mura di Gerico ma all'esterno e il capro non era più ucciso ma, con il suo carico di peccati e trasgressioni, mandato ramingo nel deserto.



In questo modo l'uomo poteva vivere l'illusione di essere puro, caricando e proiettando su altri la sua parte "oscura", illudendosi che il male fosse sempre esterno a lui.



E questo è ciò che facciamo ancora oggi al cospetto di certe nostre pulsioni (sessuali e aggressive) che riteniamo inaccettabili. Cerchiamo fuori di noi "capri espiatori" che possano incarnare le colpe così possiamo metterli al bando, anche sedi fatto,  non facciamo più il rituale. Ci sembra più facile, così.



Da bambini, se non c'è qualcuno che ci aiuta a capire che certe pulsioni distruttive, ad esempio la rabbia, possono anche essere usate in modo costruttivo, saremo portati a vedere solo la parte devastatrice dell'impulso e, in assenza di una struttura solida all'esterno e all'interno, che possa dirigerci, il Super-Io non potrà far altro che rimuovere gradualmente l'istinto, senza più permettergli il contatto con la coscienza. Ma una rimozione prolungata nel tempo si paga con la nevrosi o con l'esplosione una tantum dell'istinto stesso, che più viene rimosso più cresce. 



Invece da adulti sarebbe più proficuo, chiedendo aiuto se necessario, riconoscere certe nostre pulsioni, anche un po' reprimerle, nell'attesa di poterle elaborare e trasformare, invece che rimuoverle per mezzo del Super-Io. Una coscienza solida e strutturata sa reggere la tensione che la pulsione produce e l'ambiguità dei nostri sentimenti. 



Teorie



Il senso di colpa è collegato a una istanza giudicante che prima è esterna e, quindi, legata alle figure educatrici che ci dicono cosa è giusto, cosa è sbagliato, cosa è bene, cosa male e poi diventa un'istanza giudicante interna perché saremo noi, da soli, a dirci cosa è giusto e cosa no, ecc.



Da bambini siamo chiamati a rispondere a regole esterne e, se le trasgrediamo, ci viene detto che dobbiamo vergognarci, sentirci in colpa e attraverso il senso di colpa noi cerchiamo di modificare il comportamento che ha portato alla disobbedienza.



Nel tempo, la regola esterna viene introiettata e diventa una regola interna, e ogni volta che non rispondiamo alle nostre leggi interne avvertiamo, dentro di noi, una disfunzione e ci sentiamo in colpa per la nostra mancanza. Questo perché abbiamo al nostro interno un Ideale dell'Io al quale tendiamo e che è fortemente legato al nostro bisogno di perfezione. Mettendo in parallelo Super-Io e Ideale dell'Io vediamo come per molte persone ogni insuccesso comporta un vissuto di colpa per via dell'incapacità di uniformarsi a quanto richiesto dalla propria istanza ideale, che ovviamente richiede la perfezione. Ma l'ideale, nella sua perfezione, è già di per sé irraggiungibile.



In astrologia sia Saturno che Plutone sono molto legati al senso di colpa, anche se il vero senso di colpa, come lo abbiamo descritto sopra è più legato a Saturno.



"Freud individua la nascita del senso di colpa nel conflitto tra l'Io e il Super-Io all'interno della problematica edipica" (Carotenuto).



L'uscita dalla fase edipica, che scaturisce dalla rinuncia del bambino ad investire sessualmente i suoi genitori e dall'identificazione con il genitore dello suo stesso sesso, comporta la nascita del Super-Io (Saturno in casa VI), che tiene a bada le pulsioni sessuali e aggressive. Da ciò scaturisce il senso morale, da cui dipende la civiltà. Tuttavia, un Super-Io troppo rigido bloccherà la persona, rendendo difficile la soddisfazione dei bisogni primari. Un Super-Io troppo labile poterà alla ricerca di una soddisfazione immediata dei bisogni e, di conseguenza, a comportamenti devianti e antisociali.



Il senso di colpa, per Freud, nasce dal fatto che il desiderio del bambino di eliminare il padre e sposare la madre, in quanto rimosso, rimane attivo nell'inconscio dell'individuo, con annesso bisogno di autopunizione. Per l'autore, però, questo desiderio di autopunizione non può essere spiegato unicamente in base ai conflitti dello sviluppo sessuale ma rimanda alla presenza, all'interno di ognuno, di una forza distruttiva. "Nel corpo è iscritta una volontà di morte, un ritorno allo stato zero, alla non aggregazione cellulare, volontà che continuamente lotta contro le pulsioni di vita" (Carotenuto).



Sulla dualità vita/morte si basa il pensiero della Klein, che ipotizza il manifestarsi dell'Edipo già nella fase del rapporto diadico madre-bambino (asse Toro/Scorpione, II/VIII). Il neonato proietta tale dualità sul seno della madre e lo scinde in seno "buono" e seno "cattivo".



L'autrice teorizza una colpa pre-genitale che scatta allorché il neonato, nel tentativo di deviare su altri il suo impulso di morte e di scaricare la rabbia connessa alle frustrazioni orali subite, cerca di distruggere l'oggetto tanto amato (seno), nella convinzione che sia lo stesso a minacciarlo di morte.



L'angoscia di un bimbo piccolo è legata al suo desiderio di "mordere, divorare e fare a pezzi" le mammelle materne (seno "cattivo", che lo perseguita e sul quale proietta la sua distruttività /Scorpione/Plutone) che saziano e danno piacere (seno "buono", che lo nutre e su cui proietta il suo amore/Toro/"X"). Il bambino, nel tempo, collegherà tale scissione non solo al seno ma anche ad altri oggetti, ad esempio alle feci, nonché alla madre e al padre.



Ciò si attenua quando il bambino scopre che l'odio e l'amore sono rivolti verso la stessa persona e che con i suoi attacchi può distruggere non solo le parti cattive ma anche quelle buone della madre e perderla.



L'atavico conflitto, alla base dell'asse II/VIII, tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra unione-simbiosi e separazione diventa conflitto tra amore e odio, tra autoconservazione e autodistruzione, tra riparazione e distruzione, sanabile attraverso la sublimazione, la creatività e la sana osservazione delle continue rinascite che si svelano fuori e dentro di noi. L'asse II/VIII è l'asse della ciclicità della Vita.



Winnicott, invece, sostiene che la capacità materna di contenere i vissuti di angoscia e aggressività del neonato, accudendolo e comprendendo i suoi bisogni, permettono al piccolo di crescere sano ("X", Luna). Un'eventuale deprivazione affettiva, avvenuta nel primissimo anno di vita, inciderà sul suo sviluppo.



"In questa delicata fase della sua vita l'infante", impotente e dipendente dalle cure altrui, "non è in grado di fronteggiare l'assenza fisica o emotiva della madre, sia perché questa lo consegna ad uno stato di abbandono, la cui tragicità confina con la morte, sia perché tale mancanza non permette al piccolo di riconoscere la forza ripartiva del suo amore" ("X"/Plutone, Venere/Plutone, asse II/VIII). "Egli crederà che la madre è stata distrutta dai suoi attacchi" (Carotenuto).



Per Ammon il complesso della simbiosi è più importante di quello edipico nella spiegazione del senso di colpa. Un distacco sereno dalla madre coincide per il bambino con la conquista dell'identità (asse II/VIII, Toro/Scorpione, "X"/Plutone). Invece, "la separazione da una simbiosi patologica rende colpevoli, perché in tal caso separarsi vuol dire, nel linguaggio dell'inconscio, condannare alla solitudine, alla morte la madre".  



Per Adler il senso di colpa è connesso ai sentimenti di inferiorità e inadeguatezza che il bambino prova "a causa dell'immaturità dei suoi organi e della sua totale dipendenza dalle cure altrui", vissuti come mancanze e difetti.



Alice Miller collega il senso di colpa a quella che lei chiama pedagogia "nera", che altro non è che un insieme di rigidi sistemi educativi fortemente colpevolizzanti (Saturno molto forte), spesso legati a minacce di abbandoni e di perdita dell'affetto genitoriale (Plutone), volti a "plasmare il carattere del bambino alle esigenze dell'adulto e del gruppo sociale", capaci di infondere "nel piccolo sentimenti di vergogna, inadeguatezza e disistima" (Carotenuto).



Jung mette in relazione il problema della colpa con quello dell'Ombra. Egli considera l'atteggiamento inconscio del genitore come essenziale nel determinare il benessere o il disagio del figlio. Il genitore può arrivare ad obbligare inconsciamente il figlio a portare la sua Ombra.



Se il genitore è, ad esempio, serio e rispettoso delle norme collettive per mostrarsi così proietta sul figlio le sue parti Ombra, quelle "malate", "deboli" e "cattive", schiacciando l'emergere della vera identità del bambino. Quest'ultimo si sintonizza sull'inconscio del genitore, ne assume su di sé l'Ombra, con annesso senso di colpa, "nello sforzo di proteggere chi ama dalla contaminazione del male" (Carotenuto). Rinuncia alla propria autenticità, falsa il suo vero Sé e diventa il capro espiatorio.



Il figlio potrebbe anche cercare di guarire, di salvare il genitore ma la comprensione dell'impossibilità di fare ciò genererà nuovi sensi di colpa.



L'uomo, per Jung, nascondendo la sua parte oscura e proiettandola sugli altri commette l'unica vera colpa che consiste proprio nel non riconoscimento di questa parte di sé.



Accogliere l'Ombra e la colpa comporta la capacità di confrontarsi con tutte le parti di sé, tappa necessaria del percorso di individuazione. In questo viaggio di completezza e di perfettibilità non ha più senso parlare di "imperativi morali o ingiunzioni perentorie esterne", perché l'unica legge a cui rispondere è solo quella personale, interna (Saturno/casa X).



In tale ottica la responsabilità, dietro la quale c'è sempre la scelta, e il non tradimento di sé prendono il posto del senso di colpa. Ed è per questo che, invece, chi vive solo per gli altri, occultando la sua vera essenza, vive la propria esistenza come una colpa, che altro non è che la colpa invisibile legata all'impossibilità di essere se stessi.    



Saturno, come signore del Capricorno e della casa X, ci dice che un passo fondamentale della nostra autonomia è legato al saper sostenere i sani sensi di colpa che nascono dal rifiutare regole e modelli che non ci appartengono per abbracciarne di propri.



Ma "voltare le spalle" (casa X) non è facile, comporta un tradire le aspettative che noi stessi abbiamo su di noi (casa I), che altri, familiari (casa IV) o partners  (casa VII), hanno su di noi ma è un tradimento assolutamente necessario pena il tradimento di se stessi. Liberarci dai condizionamenti, dalle regole che non ci appartengono significa anche liberare gli affetti da invischiamenti e sentimenti "pesanti".



Fare ciò è più difficile se anche Plutone è coinvolto. Plutone è legato alla manipolazione e quando si manipola vuol dire che, per vari motivi, non si è in grado, ad esempio, di chiedere direttamente ciò che si desidera o di dire chiaramente ciò che si pensa. Si manipola perché non si può chiedere, parlare apertamente, e in questo caso bisogna capire perché non si può fare ciò oppure perché si sa che se si chiedesse direttamente la risposta sarebbe sempre no.



Dietro ci sono sempre delle dinamiche di potere. Infatti, per manipolare bisogna che ci sia qualcuno dall'altra parte che si fa manipolare, magari per paura di essere rifiutato o per paura di perdere qualcosa a cui tiene molto. In questo modo, tuttavia, il manipolato perde la sua integrità e anche questo è un tradimento di se stessi, anche se diverso da quello saturniano, di cui sopra.



Infine, un altro aspetto importante legato al senso di colpa plutoniano è quando il bambino si accorge di non essere come gli altri lo vogliono. In tal caso il piccolo si carica di un sottile senso di colpa che lo porta ad essere come l'altro lo vuole, per sopravvivere e per non creare sofferenze. Ma noi non siamo responsabili della felicità o dell'infelicità altrui, noi non abbiamo il potere di far soffrire o dare gioia a nessuno, anche se da piccoli ci hanno detto il contrario.



 



Mediazione



 



Abbiamo visto come con il patriarcato sia iniziata una vera e propria persecuzione/rimozione dell'istinto. Per duemila anni, ci dice la Fassio, la Chiesa e lo Stato hanno incarnato un Super-Io collettivo, che attraverso pene spirituali e terrene ha rimosso le pulsioni istintive. Tutto ciò è stato funzionale alla crescita psicologica dell'umanità. Oggi, però, ci troviamo dinnanzi a nuove sfide, soprattutto alla luce del fatto che negli ultimi cinquant'anni questo tipo di autorità ha cominciato a sgretolarsi.



L'esplosione odierna di aggressività/distruttività/sessualità ci dice che dietro ai nostri atti non c'è una morale, una scelta personale ma solo il rispetto forzato di una morale collettiva che non è stata mai interiorizzata. È il Saturno in casa VI che dice: "faccio una certa cosa per paura delle conseguenze". Mentre il passaggio che Saturno deve fare è un passaggio che va dalla casa VI (morale collettiva) alla casa X (morale personale).



Inizialmente il bambino assorbe la morale della famiglia (asse IV-X, dove troviamo Saturno in casa X a indicarci che il bimbo comincia ad uscire dalla protezione lunare andando, ad esempio, all'asilo) e della società (asse VI-XII, dove troviamo Saturno in casa VI, a dirci che il piccolo con l'ingresso nella scuola elementare impatta la prima autorità esterna, le prime regole esterne). Poi, pian piano, questa morale andrà personalizzata, tanto che la persona non risponderà più ad un dovere imposto dall'esterno ma a ciò in cui crede, a cui dà valore. Il dovere sarà sostituito dalla scelta e dalla responsabilità sulla propria scelta (Saturno in casa X).



È tempo di ritirare le proiezioni. È tempo di mediazione.



Nella raccolta "Al di là del senso di colpa?", edita nel 1991, l'avvocato Thomas Hessel, dopo aver compiuto un excursus sui concetti di reato e colpa, sottolinea l'importanza di "riportare la soluzione dei conflitti dalle istanze astratte, come i tribunali statali, a più originali modelli di soluzione, che possono essere indicati con l'espressione - risocializzazione dei conflitti -".



La sua digressione fa riferimento al suo paese, la Germania, e ci racconta come nella forma antica del diritto germanico, fino al Medioevo, non si attribuiva la colpa a chi commetteva un reato, perché era il clan al quale l'autore del reato apparteneva che se l'accollava. "Non era rilevante se il danno era stato causato da membri sani, da bambini, da malati o da bestie, in quanto il solo fatto del danno costringeva il clan ad assumersene la responsabilità".



Sempre Hessel ci ricorda che è nel 1532, con la Constitutio Criminalis Carolina, che viene recepito il diritto romano e con esso il concetto di colpa intenzionale. Al reato veniva collegata la volontarietà o come premeditazione (dolus) o come negligenza (culpa). Di conseguenza agli atti criminali compiuti dagli alienati non seguivano pene.



Alla base di ciò abbiamo quella che, anche oggi e anche in Italia, è considerata la libertà della volontà. Se c'è questa c'è imputabilità, e con essa punibilità, altrimenti no.



Hessel, però, non rivolge il suo sguardo soltanto o principalmente al fatto di reato e all'imputazione della colpa ma allo studio della dinamica che si è creata tra reo e vittima (spesso il reo è stato vittima a sua volta, prima di essere reo) e alla restaurazione del rapporto tra questi e tra questi e la società. Si tratta, pertanto, di prendere in considerazione al possibilità di risolvere i conflitti attraverso la mediazione.



Il conflitto fa parte della vita. Secondo Jacqueline Morineau nasce dall'incontro di due desideri contraddittori, che si oppongono l'un l'altro e che appaiono come vitali a coloro ai quali appartengono.



Il conflitto Io-l'Altro, da un punto di vista astrologico, è posto sull'asse I/VII dove abbiamo una persona che affermando: "voglio andare al mare" (casa I) fronteggia un'altra che dice: "voglio andare in montagna" (casa VII). Se l'unico modo per uscire da questo conflitto è che uno dei due desideri prevalga avremo lo stabilirsi di un rapporto di forza/potere/controllo tra i due contendenti (Marte/Plutone), senza alcun tipo di relazione e riconoscimento (Venere/"X").



Tradizionalmente l'uomo ha fatto sempre ricorso ai sacrifici rituali per venire a patti e trasformare alcune potenti energie come l'aggressività e la sessualità. Invece la nostra società ha deritualizzato la violenza e la morte (Plutone/casa VII) in modo che non possano più essere accolte ("X"/casa II) ma essere solo oggetto di sanzione tramite la giustizia, interrompendo così la circolarità insita nell'asse II/VIII.



Al tempo dei Greci, ad esempio, la violenza, e non solo, veniva vissuta all'interno dei rituali dionisiaci. Finiti i quali gli uomini ritrovavano l'ordine e la misura apollinea. Il fatto che oggi non ci siano riti che permettano di vivere il disordine (Nettuno/casa XII) fa si che questo abbia la meglio sull'ordine ("Y"/casa VI), senza che la ciclicità dell'asse VI/XII venga garantita. La casa XII è la casa del disordine ma anche dell'unità e della totalità. La casa VI è la casa dell'ordine ma anche della divisione e della frammentazione delle parti. Ma la totalità non esiste senza le singole parti perché ogni singola parte compone l'intero. L'asse VI/XII è l'asse della ciclicità del Tempo, inteso come Eterno Ritorno.



La nostra società non vuole creare uno spazio e un tempo dove esprimere la violenza e il disordine. La mediazione, invece, offre ciò. La mediazione, secondo il modello della Morineau non si attiene solo ai fatti ma cerca di fare in modo che emerga il sentito, il non-detto ed è un vero e proprio rituale suddiviso in tre fasi: teoria, krisis e catarsi. Durante la "teoria" abbiamo l'esposizione dei fatti e dei punti di vista personali. È un momento di ascolto reciproco. Durante la "krisis" abbiamo l'espressione e il riconoscimento della sofferenza di ognuno. Le persone si distanziano dalle proprie emozioni e si assiste a reciproche prese di coscienza. Durante la "catarsi" abbiamo il passaggio da un livello capace di contemplare solo il proprio desiderio/interesse a uno che considera anche il desiderio/interesse dell'altro.   



La Morineau sottolinea come il mediatore "lascia alle parti il tempo e lo spazio di un necessario andirivieni tra i ruoli di persecutore e di perseguitato". Non c'è più la vittima maledetta, detentrice unica ed esterna del male, come nei riti sacrificali classici, ma "un continuo oscillare del male tra i due antagonisti". Sono entrambi i mediati i portatori e i liberatori delle parti di sé non accolte, ora rese coscienti grazie ad un continuo ritiro delle proiezioni. È una vera e propria accettazione di tutti i propri volti, "buoni" e "cattivi", un ritorno al proprio ordine interno e alla propria unità interna.   



Entrambi i mediati si assumono la responsabilità del conflitto e della sua trasformazione, trovando in prima persona una soluzione a esso. Alla base di ciò c'è un ascolto reciproco che permette un confronto delle sofferenze e un'espressione dei propri contenuti interni, anche di quelli più difficili. Quello che entrambi cercano è un mutuo riconoscimento che poi è una personale individuazione di Sé attraverso l'Altro da sè.     



 



 BIBLIOGRAFIA



 





  • AA.VV., Al di là del senso di colpa?, Città Nuova, 1991 (in particolare gli interventi di Aldo Carotenuto, Mauro Mancia, Günter Ammon e Thomas Hessel)




  • FASSIO LIDIA, Lezioni corso di formazione in astrologia umanistica e psicologica, 2° anno, 2013-2014




  • MORINEAU JACQUELINE, Lo spirito della mediazione, Franco Angeli, (collana Gli sguardi), 2004



     



     




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