ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
Gli Archetipi
a cura di Gianfranco Casalis
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Le forme sotto le quali le immagini primordiali si manifestano nella vita conscia, Jung le chiama ‘immagini archetipiche’, e le potenzialità stesse ‘archetipi’. Gli archetipi possono essere definiti, perciò, come le forme prese dalle potenzialità arcaiche nell’inconscio collettivo. E’ importante differenziare gli archetipi dagli istinti. Sia gli uni che gli altri sono potenzialità universalmente trasmesse, ma gli istinti sono schemi di comportamento ereditati, come la paura o l’istinto sessuale, mentre gli archetipi sono composti piuttosto in immagini, o ‘pensieri-sentimenti’, o come schemi di pensiero quali si trovano nei miti o nei sogni.

Jung dice che non sono le idee o le immagini stesse che vengono trasmesse, bensì le loro potenzialità. Esempi d’archetipi che appaiono costantemente nei miti e nei sogni sono l’Eroe (il Liberatore, il Salvatore, il Messia, l’Uomo del Momento, l’Uomo Forte che le nazioni del mondo stanno cercando nel loro sconforto); la Madre Terribile (ritratta come la Strega, la Dea Vindice, la crudele Matrigna) ecc. Queste idee o immagini costantemente ricorrenti nei sogni e nei miti, rappresentano esperienze razziali profondamente insite nell’uomo.

L’idea del sacrificio è archetipica, poiché la necessità del sacrificio è un fattore basilare in tutta quanta la natura: come la spoliazione del vecchio per il nuovo, il sacrificio di un bene per un bene più grande.

In mitologia l’idea è incarnata dalla Fenice, il cui corpo è bruciato per far sorgere un nuovo essere. Il sacrificio appare anche nella maggior parte delle religioni come espiazione della colpa, dimostrando quanto profondamente radicata sia quest’idea della colpa della natura umana, come anche il bisogno d’espiare. Un altro archetipo è quello dell’Ombra, che è l’aspetto non sviluppato della nostra personalità,‘la parte inferiore o meno degna di una persona’ e che è costantemente personalizzata nei sogni. “L’Ombra…è l’essere umano più antico storicamente”: essa rappresenta la parte puerile, immatura di noi stessi. Per cui, quando un individuo s’imbatte in circostanze troppo difficili per lui, tende a ‘regredire’, a sprofondare all’indietro nel puerile, in reazioni fanciullesche: questo costituisce un disagio psichico.

Altro archetipo è la Persona. Dal momento che dobbiamo vivere in un mondo sociale, e tuttavia abbiamo nel nostro carattere dei tratti indesiderabili che non mostriamo volentieri agli altri, dobbiamo metterci una maschera per nascondere il nostro vero Io: una maschera di sfida per nascondere il nostro timore, una maschera di cortesia per dissimulare il nostro odio o il nostro disprezzo, d’indifferenza per nascondere agli altri la nostra sensibilità. Jung la chiama persona (dal latino, = maschera).

La figura di questa persona ricorre costantemente nei sogni, perché il conflitto fra l’Io reale e la persona è un problema comune e una causa frequente di disagio.

Un altro archetipo di grande importanza è quello dell’Anima, che spesso appare nei sogni dell’uomo sotto forma femminile e nei sogni della donna sotto forma maschile (Animus). Ogni essere umano ha caratteristiche maschili e femminili, sia fisicamente, sia psicologicamente. Se uno è uomo, vale a dire una persona nella quale predominano le caratteristiche maschili, allora l’elemento femminile tende ad essere soppresso; ma questa parte femminile soppressa nell’individuo maschile, che Jung chiama l’Anima, appare nei suoi sogni sotto forma femminile. Analogamente la donna possiede, soppresse, le sue tendenze mascoline rudimentali, che le appaiono nei sogni sotto forma d’uomo: il suo Animus è l’uomo in lei.

Jung dice: “I sentimenti di un uomo sono, per così dire, quelli di una donna, ed appaiono come una donna nei sogni…Io designo questa figura col termine Anima; essa è la personificazione delle funzioni inferiori che mettono in relazione l’uomo con l’inconscio collettivo globalmente inteso, e che si presentano all’uomo sotto forma femminile. Ad una donna esso appare in forma maschile, e in questo caso lo chiamo Animus”.

Un’Anima, perciò, è l’aspetto femminile di un individuo-uomo; “la donna che è nell’uomo”. Ma essa “non è sempre solamente l’aspetto femminile dell’individuo-uomo: è ‘l’eterno femminino’, notevolmente più antico di quello dell’individuo; è perciò un archetipo.

Animus ed Anima sono figure che appaiono costantemente in mitologia. Sono “archetipi naturali, figure primordiali dell’inconscio, che hanno dato origine agli dèi e alle dee della mitologia”. “E’ un’impresa piuttosto futile quella di voler disinfettare l’Olimpo con i lumi della ragione”: perché uomini o donne continueranno a credere negli dèi ad onta di ogni scetticismo e razionalismo, perché essi rappresentano qualcosa di reale in loro stessi!”.

Nell’antica mitologia l’anima è rappresentata da figure come Elena di Troia Venere nei tempi medioevali dalla Madre Chiesa o dalla Regina del Cielo. Mentre l’anima appare come una donna nei sogni dell’uomo, ciò non significa che ogni donna nel sogno di un uomo rappresenti necessariamente l’anima, né Jung sostiene questo. Ma se un uomo non è conscio della sua anima, essa è frequentemente proiettata in una donna, magari una donna reale di sua conoscenza, o anche una donna e nient’altro, che può essere sia una donna depravata, sia l’‘imperatrix’ femminile, secondo la natura dell’anima dell’uomo. La ‘donna dei nostri sogni’ spesso assume una forma idealizzata, e molti giovani e ragazze s’innamorano di un ideale che è la proiezione della loro anima. Essi sono di quei tipi che non si sposano mai perché ‘’non incontrano mai la ragazza che fa per loro’ o ‘l’uomo che fa per loro’; vale a dire qualcuno che regga al paragone col loro sogno fantastico, o con le narcisistiche fantasie sul proprio valore. Può anche darsi che essi attribuiscono ad una persona del tutto insignificante queste qualità ideali, così che il giovane vede nella ragazza sgraziata una perfetta Venere, e la ragazza vede nel giovincello pieno di foruncoli un perfetto Adone… solo per provare, più tardi, una completa disillusione. Fino a quando queste funzioni sono soppresse, la personalità non è del tutto compiuta; perché le caratteristiche femminili o anima in un uomo sono necessarie alla compiutezza della sua personalità, e l’elemento maschile o animus nella donna è ugualmente necessario al suo completo sviluppo. Un altro esempio d’archetipo è quello di ‘Vecchio saggio’, il Maestro, il Sapiente, che è l’incarnazione della sapienza secolare. Quando i problemi della vita ci sgomentano noi cerchiamo qualche autorità importante, un maestro, una guida (Lama del Tibet, il Papa ecc.). Ma c’è in tutti noi un’antica saggezza che, nelle comuni faccende della vita, va oltre a ciò che chiamiamo ‘senso comune’, e ci fa guida nei problemi più fatali della nostra vita; essa può apparire nei nostri sogni come il vecchio saggio, il patriarca, il padre.

E’ ben fatto da parte nostra prestare ascolto a ciò che costui dice, perché l’intuizione, tanto spesso rappresentata sotto forma di vecchio saggio, è spesso miglior guida di quel che non sia la ragione.

Questi archetipi, riferendosi a idee e sentimenti insiti profondamente nell’inconscio collettivo, non possono venire espressi adeguatamente nel linguaggio razionale; essi prendono perciò la forma di fiabe, di miti della razza, di sogni, e trovano inoltre espressione nella musica, nell’arte primitiva e in quella moderna.

Le immagini archetipiche possono qualche volta trovare la loro espressione migliore nelle forme dell’arte, che sono rappresentazioni simboliche di ciò che accade nella personalità e specialmente nell’inconscio. Questo è particolarmente evidente nei disegni spontanei degli psicotici, dai quali si può trarre uno studio degli archetipi, perché in loro appaiono strane idee e fantasticherie che non sono mai esistite sulla terra o nel mare.

Molte forme di pensiero arcaiche si possono trovare nelle pratiche religiose, che possono venire espresse soltanto in simboli e giustificano l’uso del rituale nel culto religioso. E’ impossibile esprimere in parole adeguate le esperienze mistiche poiché sono oggetto di sensibilità piuttosto che di raziocinio e devono perciò venire espresse simbolicamente. Tentare di sottometterle al pensiero comune e logico, sarebbe distruggere il loro significato.

Le idee archetipiche emergono anche nelle fiabe: in esse l’uomo che combatte contro i giganti, rappresentando così la lotta dell’uomo contro le forze primitive che risiedono nel suo inconscio. Anche i sogni ripetono la stessa esperienza o lo

stesso tema, instancabilmente, perché rappresentano qualche problema profondamente insito in noi, e servono a chiarirlo.

Gli archetipi appaiono anche nei miti, che sono tentativi di dare espressione all’esperienza collettiva. Un esempio ben noto è quello di Pigmalione e Galatea, che esprime le potenzialità latenti in noi e ci parla di sentimenti pietrificati che si destano nel nostro intimo al calore della vita e il mito di Prometeo che esprime, fra molte altre cose, la ribellione della giovinezza contro l’autorità, e le sue conseguenze: è la storia della ribellione di Lucifero contro Dio.

Ciò che i miti sono nei confronti della razza, i sogni lo sono nei confronti dell’individuo, perché anche nei sogni, come nei miti, appaiono quelle emozioni e quei sentimenti primitivi sotto forma di giganti, eroi, draghi, serpenti e vampiri che succhiano il sangue; raffigurazioni di colpa, ricompensa e destino, di brama di potere, di mostri abissali (l’inconscio) e di esseri ignoti che ci sopraffanno, che riempiono le nostre notti di incubi e ci fanno aver paura di dormire; esse tuttavia, rettamente usate, possono essere fruttuosamente integrate nella nostra personalità.

Il parallelo tra miti e sogni è tanto serrato, che Jung spesso fa ricorso ai miti come ausilio per l’interpretazione dei sogni. E’ un metodo complementare a quello delle associazioni libere, perché si può sostenere che anche le associazioni libere non possono scandagliare le profondità della mente inconscia. Quando, perciò, il simbolismo di un sogno è dubbio, miti corrispondenti possono suggerire una giusta interpretazione.

Il simbolismo della caverna spesso appare nella mitologia, ed anche nei sogni, come rappresentante l’inconscio con i suoi oscuri, segreti recessi. In modo non dissimile, il sogno del ritorno al grembo materno può rappresentare il bisogno di ritornare ad una condizione di protezione e di sicurezza; ma può significare un ritorno al grembo dell’inconscio dal quale scaturisce ogni vita. Vi è anche il simbolismo del serpente, che spesso è raffigurato in atto di uscire dalla caverna e che Freud interpreterebbe come un simbolo fallico (l’utero essendo rappresentato dalla caverna). Ma in mitologia il serpente è spesso simbolo di risanamento. Il serpente che venne innalzato da Mosé nel deserto, così che chiunque alzasse gli occhi su di esso veniva guarito dai suoi mali, era un simbolo di risanamento; esso venne adottato da Esculapio nel suo Tempio della Guarigione. Il serpente è anche simbolo di rinascita, a causa della sua muta di pelle; nella mitologia è simbolo di saggezza. Il sogno è anche intenzionale, poiché indica la via per la restituzione della personalità e la guarigione della nevrosi.

I sogni, mentre ci rivelano le forze primitive dell’inconscio, che possono essere un pericolo e una minaccia per la nostra personalità, ci rivelano anche, se rettamente interpretati, la natura delle potenzialità che sono a nostra disposizione per le necessità della vita.

L’elemento archetipico nei sogni è forse il contributo più indicativo di Jung alla teoria onirica, e probabilmente il tratto più specifico della sua psicopatologia. E’ proprio nei sogni che gli archetipi si manifestano più chiaramente.

Jung ha schiuso la porta che si apre su un esteso retroterra di forme e d’idee originali che sono contenute nell’inconscio collettivo, trovando una prova di tale fenomeno nei sogni, nei miti e nelle illusioni degli psicotici. Jung sostiene che nessuna di queste cose, può derivare da un’esperienza personale e deve perciò essere collettiva e razziale. Tali idee originali sono drammatizzate e personalizzate nei sogni, perché questo è il solo modo in cui la mente primitiva può dar loro espressione. Gli archetipi non vanno intesi come entità astratte, come un qualcosa di separato dalla personalità dell’individuo, ma funzioni e processi che hanno sede nella mente umana.

Il termine ‘archetipo’ ha avuto origine con Sant’Agostino, ma la tendenza a pensare che tali entità preesistessero all’individuo e avessero un’esistenza indipendente, è antica quanto Platone. Secondo la filosofia platonica vi sono ‘idee’ o ‘forme’ delle cose, create da Dio, di cui tutte le cose della terra sono copie o esempi. Queste idee sono concepite come esistenti in modo ‘eterno’ e come prototipi di tutte le cose della terra. Mentre le ‘forme’ originali di Platone erano state create da Dio ed esistevano nell’eternità, gli archetipi di Jung esistono nell’inconscio razziale: le une vengono dall’alto, gli altri dal basso. Tuttavia, sia le une che gli altri, contengono l’idea di realtà universali, dotate d’esistenza indipendente.
 
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