ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
L’autismo
a cura di Lidia Fassio
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Da un po’ di anni la parola “autismo” è entrata nel linguaggio comune; in particolare, la sua diffusione è legata al celebre film “rain man”, interpretato da Dustin Hoffmann e Tom Cruise che narra la vicenda di due fratelli, uno dei quali “autistico” ma, per alcune cose estremamente intelligente, in grado di fare calcoli astronomici mentalmente ed in tempi rapidissimi tanto da essere invicibile ai tavoli da gioco di Las Vegas. D’altro canto il protagonista del film presenta problemi notevoli di socializzazione, incapacità di farsi toccare, maniacalità estreme e assoluta mancanza di adattamento, tanto da non poter vivere una vita normale fuori da un istituto.

Certo, il film è finzione e sicuramente alcuni tratti del nostro Rain Man sono esagerati e costruiti ad hoc per rendere il film piacevole ed interessante, tuttavia, ha avuto il grande merito di portare alla coscienza di tutti una patologia prima praticamente sconosciuta.

L’autismo fu individuato più o meno negli anni ’40; fu lo psichiatra Leo Kanner ad averlo definito con il nome “autismo infantile precoce”; Kanner fu letteralmente affascinato da queste creature che definisce “…depositarie di una sapienza riposta, di una felicità incomprensibile e di una intelligenza sfuggente, pur presentandosi come assoluamente estranee a qualsiasi rapporto umano”.
Il termine “autismo” venne però preso a prestito dal termine utilizzato da Bleuler che lo coniò per definire un paricolare tipo di schizofrenia, quella caratterizzata dal rifugiarsi in fantasticherie che portano il soggetto a sfuggire sempre più consistentemente dalla realtà.

In effetti l’autismo determina un ritiro dal mondo esterno fino a creare una barriera così forte da non entrarne più in contatto.

Kanner aveva però colto una grande differenza tra la schizofrenia e l’autismo infantile; in effetti egli sostiene che lo schizofrenico in genere ha partecipato al mondo e poi, ad un certo momento è insorta la patologia che lo ha pian piano estromesso. L’autistico invece, non ha mai partecipato al mondo il che significa che inizia la sua esistenza senza quei segnali universali che sono tipici dell’infanzia, pertanto, non si tratta assolutamente di un sottrarsi al mondo, ma di non poterci entrare.

La loro caratteristica principale è l’assenza di un contatto emotivo ed affettivo; hanno un’incapacità di sviluppare un rapporto con le persone mentre possono attaccarsi tenacemente alle cose; sono in grado di manipolarle e di mostrare una grande felicità quando riescono a far funzionare i giocattoli oppure di arrabbiarsi se non ci riescono.
La loro unica preoccupazione è che tutte le cose rimangano come sono, che non vi siano cambiamenti e, per questo, controllano con estrema attenzione che tutti i dettagli siano a posto.

La diagnosi di autismo è difficile che possa essere fatta prima dei tre anni poiché prima non si è ancora completato il processo di differenziazione e il rapporto oggettuale.
Verso i tre anni il bambino è in grado di interagire bene con l’ambiente e di padroneggiarlo: si muove bene nello spazio, riconosce le cose, le nomina e comincia a compendere bene la sua posizione, sa percepire le reazioni degli altri a seconda dei suoi comportamenti, è stabile sulle sue gambe, cammina bene ed ha un linguaggio sufficiente.

Alla stessa età, i genitori di un bambino autistico cominciano a rendersi conto che alcune cose, che prima sembravano piccoli ritardi, non si sono invece sviluppate come dovrebbero; in genere l’insorgere della patologia viene collegato ad un cambiamento tipo un trasloco, un viaggio, la nascita di un fratello, a cui il piccolo ha reagito con una profondissima crisi. Ovviamente la patologia era già latente ma si instaura nel momento in cui si aggancia ad un fatto preciso che genera quello che per lui è un trauma.

Gli studiosi di questa patologia sono in disaccordo sull’origine: ci sono i seguaci di Kanner che la imputano a qualcosa di innato, già presente alla nascita; altri, come Bruno Bettelheim sostengono invece che si tratta di una malattia che insorge dopo e crea un arresto nello sviluppo ad uno stadio evolutivo precoce.
Vi è una terza via, quella della Margareth Mahler che introduce invece una distinzione tra autismo primario e autismo secondario, in cui il primo viene ritenuto costituzionale ed innato, mentre, il secondo difensivo e reattivo.
Questa terza posizione è quella che ha avuto più successo in quanto, tra le altre cose, inserisce nella lettura di questa patologia una più ampia gamma di tematiche.

Nonostante l’autismo si studi da tempo, solo negli ultimi 15 anni sono state messe a punto varie terapie che consentono, almeno nell’autismo secondario, di ottenere dei risulati interessanti. Quel che è certo è che vi sono ancora molti dubbi sulle motivazioni che si legano a questa malattia ed anche in questo caso le varie scuole si dividono:
alcuni infatti ritengono che la causa sia data da una regressione messa in atto in risposta a specifici eventi traumatici: è il caso di Kanner e i suoi seguaci; Bettelheim sostiene invece che l’autismo è il risultato dei desideri di morte della madre con cui il bambino ha dovuto confrontarsi fin dalla nascita.
La Malher sostiene invece un’influenza minore della madre in quello primario rispetto a quello secondario e ritiene che l’autismo sia il risultato del mancato superamento delle prime due fasi infantili. In ogni caso, per lei, la madre è influente ma non determinante come invece sostiene Bettelheim.

Vi sono anche teorie che sostengono che nel bambino piccolo è fortissima l’attrazione verso quel “mondo perduto” nel quale è stato per tanto tempo prima della nascita e quindi, se l’adattamento al mondo esterno appare troppo difficile o sofferto, l’Io può non nascere o meglio, il Se’ non crea le condizioni per cui l’Io possa nascere. In questi casi, la libido oscilla pericolosamente per un po’ fra due tendenze opposte: ritornare alle origini oppure affrontare la frustrazione e andare verso il futuro e, in ultimo, può anche decidere per la prima opzione.
Se l’energia necessaria per progredire e crescere è costantemente assalita da fantasie regressive che richiamano ad un mondo più semplice, gratificante e totalizzante, non potrà essere utilizzata in modo efficace e l’Io, troppo debole e fragile, non ce la farà a nascere e a sacrificare la “nostalgia”; potrebbe dunque scegliere la strada del ritorno a quel mondo fantastico.

Ciò che è certo è che nel bambino autistico risultano difficili da integrare le fasi di sviluppo regolari: i bambini hanno fasi di squilibrio che superano di gran lunga quelle di equilibrio: la nascita, la crisi del quarto, del quinto e del settimo mese, il controllo sfinterico e i conflitti edipici ci ricordano che i periodi in cui sono lacerati da conflitti profondi sono molto più lunghi delle fasi di stabilità e di serenità.
Nei bambini normali ogni fase serve a meglio definire la struttura psicologica e a creare nuovi collegamenti tra le varie strutture che via via si formano nei periodi di crisi mentre, nelle fasi di serenità, il tutto viene consolidato ed integrato.
Nei bambini autistici tutto questo è molto più difficile in quanto la percezione di difficoltà esterne impedisce di creare una relazione stabile e rassicurante con la madre ed instaura le condizioni per la strutturazione di una difesa titanica ed insuperabile che evita gli stati di frustrazione. Come se il Sé, in presenza di un grave pericolo, si disinteressasse totalmente dell’aspetto psicologico e della nascita e crescita dell’Io, salvaguardando i processi biochimici vitali. Questa è la teoria di Stein che ha trovato anch’essa molta accoglienza in quanto permette di comprendere, per quanto concerne l’autismo primario, le motivazoni della costruzione della barriera che blocca l’interazione con il mondo.
Nel caso dell’autismo secondario, ovviamente un barlume di struttura psicologica si è formata e l’Io ha iniziamente fatto il suo ingresso, ma è poi regredito in quanto ha ritenuto troppo difficile la sua evoluzione.
Gli studi di Bettelheim sostengono infatti questa tesi presentando casi in cui i bambini erano stati costretti a confrontarsi con madri che li odiavano e che avevano avuto nei loro confronti fantasie di morte. Egli infatti riporta anche casi in cui, al cambiamento della madre, il bambino ha cominciato a rispondere riprendendo il suo percorso di sviluppo.

Ciò che è certo è che il bambino autistico non fa alcun sforzo per relazionarsi con l’ambiente in cui si trova e quindi non riesce a stabilire alcun legame con le persone. Durante la terapia fanno dei progressi; alcuni imparano a partecipare ai giochi, altri accettano le coccole fino a cercarle in alcuni momenti; altri sviluppano alcuni talenti particolari anche se, questo non è così frequente come invece si pensa comunemente.

La terapia della famiglia teorizza che il bambino autistico si faccia carico del disagio dell’intera famiglia e che eventuali progressi possano essere ottenuti lavorando sull’intero nucleo.

In astrologia non è facile comprendere le dinamiche che in un tema natale possono portare all’autismo: possiamo fare delle ipotesi, fermo restando sempre il concetto che l’astrologia non permette di leggere l’intensità del problema e neppure se una potenzialità potrà permettere l’insorgenza di una malattia oppure se tutto si risolverà in conflitti che permettono tuttavia una vita normale.
Alla nascita il bambino entra in una fase che si chiama “autismo primario normale”: infatti è lo stadio in cui non ha ancora una interazione con il mondo ma si risveglia solamente dagli stimoli della fame, della sete, del dolore, ecc. In questo stadio possono intervenire problematiche che potrebbero per così dire stabilizzarsi, senza permettergli più di uscire e di progredire con le altre fasi di crescita.
Forti concentrazioni di pianeti nella casa prima con quadrature o opposizioni possono far pensare a difficoltà che sopraggiungono in questa fase e quindi a eventuali blocchi.

L’autismo secondario invece potrebbe essere più legato a dinamiche tra le case terza e nona in cui il bambino è chiamato a dividere il mondo interno dal mondo esterno. Se vi sono particolari disagi in questa fase che va dall’anno ai due anni e mezzo circa, i processi di adattamento e socializzazione potrebbero essere inficiati da particolari condizioni di difficoltà ambientale a cui il bambino potrebbe reagire con una chiusura ed una regressione.

Come sempre la lettura astrologica prevede coscienza e saggezza poiché, purtroppo, due più due non fanno mai quattro in questa materia e quindi non è possibile in alcun modo fare diagnosi a priori e men che meno sostenere che una quadratura o un’opposizione possano sviluppare una patologia.
 
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