ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
PASQUA FESTA D'ARIETE
a cura di Corrado Aguggini Locatelli
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Per chi si sente cristiano nell’animo, Natale-Pasqua-Pentecoste rappresentano un unicum, un momentum tutt’uno, permeato di infinito e inscindibile significato storico e metastorico.
Nel lento e necessario sfaldamento di “ciò che fu”, buono o meno che fosse - contemporaneo all’incalzante secolarizzazione della vita civile - uno dei momenti collettivi che più incarnano il matrimonio mistico fra paganesimo e cristianità, fra cielo e terra, fra ieri e domani, fra rinascita civile e rinascita spirituale, fra sé e Sé, è probabilmente proprio l’evento pasquale.
L’originaria ragione di ciò è legata alla stagione dell’anno in cui va a cadere la Pasqua cristiana. Infatti il concilio di Nicea (attuale Iznik, a sud di Istanbul) dell’anno 325 stabilì che la Pasqua dovesse essere celebrata la prima domenica dopo la luna piena successiva all’equinozio di primavera (21 marzo), di modo che la celebrazione cada sempre fra il 22 marzo e il 25 aprile. Dunque si nota ancora la natura di terra di mezzo della Pasqua, ricorrenza tanto lunare (luna piena), quanto solare (il 21 marzo), a metà strada fra l’inverno del Sol Invictus natalizio e la ricorrenza di Pentecoste, che apre le porte al piacevole tepore della stagione estiva; le principali feste della cristianità sono del resto comprese fra il solstizio di inverno e quello d’estate, sull’asse Capricorno-Cancro, rispettivamente la porta degli dèi (deva-yana) e quella degli uomini (pitri-yana).
E non è privo di senso che la Pasqua vada a cadere soprattutto quando il Sole si trova nel segno dell’Ariete, segno dell’IO per antonomasia, segno di confine, segno di battaglia, di vittoria, di inizio … ma anche di grandi rischi, di nascite mutile, di aborto. Nella sua opera magna “Astrologia esoterica”, Alice Bailey definisce l’Ariete il “punto di luce fioca, debole e vacillante al centro del ciclo creativo. E’ la torcia del Logos che cerca ciò che può essere usato per l’espressione divina”. Questa debolezza della Croce, che grida “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, è stemperata da quell’incisività, insistenza, determinazione e “Streben nach” che caratterizza la solarità arietina che preme e becca come un pulcino pur di uscire dal suo sepolcro, dall’uovo cosmico della vita.
E la dialettica di Marte e Plutone fanno dell’Ariete uno dei simboli psichici più prossimi all’idea di morte, rinascita, di fine e nuovo inizio. Dove abbiamo l’Ariete, ciclicamente abbiamo anche il bisogno impellente di cambiare rotta, di rinnovarci, di chiudere con un (piccolo-grande) passato-Luna e di aprirci a un simbolico futuro-Sole. Ma questo processo di resurrezione, oltre a essere estremamente dinamico, è anche e soprattutto estremamente intimo e personale: grazie a questa intimità e personalità che la Pasqua è – e sarà sempre di più ! - un momento collettivo di resurrezione in grado di unire tutti, credenti e non.
La nostra resurrezione avviene ogni momento; se soltanto sapessimo quanti micro sepolcri dimorano dentro di noi in attesa di essere aperti, se soltanto pensassimo ai miliardi di cellule che ogni momento devono morire in noi, sperando di essere sostituite da cellule più rettificate ed elevate, se soltanto immaginassimo i nostri corpi come infinite galassie di cellule-stelle pulsanti, ardenti e viventi, se soltanto ci ricordassimo di quanto ancora il vecchio uomo infelice soggiorna in noi ! Benché la resurrezione richieda un lungo lavoro preliminare, il medesimo che misteriosamente lega il bruco alla farfalla, al momento giusto essa avverrà in un batter d’occhio, come l’ultima goccia di una soluzione basica; il maestro Jean Klein soleva dire “molte sono le tappe di eliminazione, ma una sola è quella di realizzazione”.
La grande mèta dell’umanità è la Grande Opera. Questa mèta non può essere raggiunta se non attraverso la nostra lenta ma costante penetrazione, sempre più profonda, nei mondi spirituali, superando tutte le diversità, e nello stabilire l’amore universale fra gli esseri del creato. Non perderemo la nostra individualità (IO-Ariete) immergendoci nella divinità (TUTTO-Pesci): l’umanità – come tutto – procede da Dio, ma grazie al “principio pasquale” di morte e resurrezione, essa torna a Dio “identificata” (del resto, la Pentecoste senza Pasqua sarebbe pura follia e devastazione), per formare alla fine, in un tempo non tempo, perfettamente individualizzata, una unità e una fratellanza che darà vita a una nuova stella, quella che Rudolf Steiner ricorda essere “la nuova Gerusalemme” indicata nell’Apocalisse: e fu allora in quel futuro-presente che noi, il Figlio dell’Uomo, pronunciò “Dio mio, Dio mio, quanto mi hai glorificato !”
Le trombe del Giudizio finale squillano ogni momento, perché ogni momento è Pasqua. Allora, nel cercare il Dio dei vivi, non quello dei morti, avanziamo con dignità solare, noi poveri pellegrini quaresimali, come intrepidi pulcini, verso la nostra resurrezione, verso il tramonto della vecchia legge del Karma e l’alba della nuova legge della Grazia.
Buona Pasqua di vera resurrezione … a tutti !

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