ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
Saturno e Giove, due intriganti trasparenze
a cura di Rosamaria Lentini
Inserito il su Eridano School - Astrologia e dintorni
 

Lisa Morpurgo nei suoi studi sulla struttura dello Zodiaco e nella sua pratica di astrologa, ipotizzò l’esistenza di uno antecedente a quello in uso, di genere femminile che siglò come B-femminile, classificando quello ufficiale come A-maschile. Ai Segni di questo più antico Zodiaco con la precisione che la distingueva, assegnò pianeti e luminari, includendo anche Y e X, di cui già si presupponeva l’esistenza.
La studiosa arrivò a questa conclusione, dopo avere più e più volte notato che precise caratteristiche rintracciabili nei nativi di ogni Segno, non erano sufficientemente spiegabili con l’abituale descrizione del Segno stesso; erano caratteristiche di volta in volta diverse, ovviamente, ma che si presentavano con una nota comune e nostalgica, adombravano un rimpianto per qualcosa di posseduto e perso, che lei evidenziò con i pianeti definiti in trasparenza, per distinguerli da quelli di cui ogni Segno è dotato.

Il rimpianto per la fine di un’epoca di felicità e di benessere, è un motivo presente un pò ovunque e per lo più con le stesse caratteristiche, perciò, prendendo spunto dal più famoso, gli studiosi hanno raggruppato i vari riti e miti che ci parlano di questo Paradiso Perduto sotto il titolo di Mito Edenico.

A suffragare ciò che evoca il rito o che narra il mito, c’è la psicologia; in particolare c’è Otto Rank che parla dell’insanabile trauma della nascita che conduce l’uomo a vivere una perpetua lotta interiore fra il desiderio di tornare nel passato, all’unità fusionale dalla quale proviene, e la spinta verso il futuro, compiendo quell’atto prometeico che è alla base di ogni evoluzione interiore ed esteriore.

E’, infatti, la scintilla che Prometeo rubò al sole la causa della perdita di questo mondo perfetto, perchè la nascita e il graduale sviluppo della coscienza fu certamente il primo passo per l’evoluzione umana; però il prezzo pagato fu la perdita della rassicurante appartenenza ad un onnicomprensivo utero primordiale.

Non credo che arriveremo mai ad avere la certezza che lo Zodiaco di cui parla la Morpurgo sia realmente esistito, però la sua tesi è di grande interesse, perchè può costituire una traccia molto illuminante sulle tappe che ha conseguito la nostra mente nel suo graduale passaggio dal buio alla luce.

E’ possibile, ossia, seguendo di Segno in Segno i significati del pianeta in trasparenza, fare una storia di ciò che perdemmo nel mentre si formava la coscienza di noi stessi e passavamo dalla fase lunare-femminile a quella solare-maschile?
Penso di sì e penso anche che a questa perdita si deve la formazione del primo nucleo dell’inconscio collettivo. Non riesco neppure ad immaginare, infatti, che l’uomo-natura, ancora così saldamente accorpato al gruppo, mentre formava un’embrionale coscienza di se stesso, contemporaneamente formasse un inconscio personale, al quale certamente arriverà, ma tanto, tanto più tardi.
Questa potrebbe essere una spiegazione del perchè, lasciando da parte le varianti che fanno apparire riti e miti differenti fra le varie culture, i rituali e i mitologemi sono sempre quelli, come giustamente notò Jung, che ipotizzò nell’uomo l’esistenza di una struttura mentale prescindente da fattori culturali,storici, ambientali, sociali …..

Ma è possibile anche un’altra cosa: quella che di ogni Segno, usando la terminologia junghiana, noi definiamo “ombra”, sia la risposta che l’inconscio collettivo ha fornito come difesa dalla perdita subita. Per essere più precisi, è presumibile che in un rapporto di causa/effetto, la perdita di ogni “pezzetto” di quel pacifico utero nel quale siamo vissuti millenni e millenni, sia stata la causa che, come effetto naturale, ha sortito una difesa, quindi un aspetto statico che va portato alla luce e che impedisce o rallenta il processo evolutivo dei nativi del Segno? Il significato dei pianeti in trasparenza legittima questa ipotesi, perchè c’è molto spesso una linearità fra ciò che, come perdita, il pianeta in trasparenza segnala e le caratteristiche in ombra del Segno in questione.

Supposizioni? Ipotesi? Stramberie? Vaneggiamenti? Secondo me, invece, vale la pena, prima di pronunciarsi, fermarsi un momento a pensare, collegare, osservare, riflettere….

Dopo questo indispensabile preambolo, vengo al tema del Convegno incentrato su un dio difficile, ambiguo, a cui si attribuiscono pessime e/o ottime valenze, un dio maschile, ma anche così fortemente imparentato con il femminile, con la realtà della terra, con le inviolabili leggi della natura, con i tempi e i ritmi della vita individuale e cosmica…. ; lo farò parlando di due trasparenze particolarmente interessanti, quella di Saturno in Toro e quella di Giove in Capricorno, posti, dunque, in un’inversione perfetta.

Nel momento nel quale la natura sboccia in tutta la sua magnificenza, stabilmente avviata a dare il suo nutrimento agli esseri viventi, è inspiegabile che nella profondità dei nativi del Toro, si annidi la paura di aver perso il controllo sulle proprie risorse, di cadere nell’indigenza, di poter patire la fame, di dovere affrontare la carestia… di morire… spingendo così l‘individuo al costante bisogno di difendersi, di erigere barriere protettive, di cautelarsi da qualsiasi presunto attacco…. Un istintivo orale, lo definisce Barbault, e di seguito “…sempre disposto ad ingoiare, ad assimilare, ad acquisire, a possedere, a conservare e a vivere più intensamente possibile nel mondo del possesso”.

Tutto ciò genera Saturno in trasparenza, con in più la paura di aver perso un antico e rassicurante sapere.
Che Saturno abbia una stretta relazione con la paura è cosa nota, ma perchè si manifesta nel Toro? Il mito ci potrà dare una mano.
La storia di Urano e Gea è forse il mito più noto; appare falsamente semplice, ma secondo me non lo è, perchè l’interpretazione rimane incomprensibile in alcuni passaggi, il primo dei quali è quello relativo all’inghiottimento dei figli operato da Saturno. Perchè questo dio evira Urano per portare alla luce i figli nati dall’unione con Gea e sprofondati nelle sue viscere, per poi fare l’identica cosa: ingoiare i figli generati da Rea, una Grande Madre, e da se stesso. Che senso ha ciò e perchè è solo con Giove che coloro che nascono vivono alla luce del sole? E’ lecito pensare che Rea sia un simbolo di vita e Saturno uno di morte come vedremo di seguito.

E’ sicuro che l’uomo nel suo cammino evolutivo un giorno scoprì qualcosa di vagamente somigliante alla morte e ancora immerso nell’indifferenziata totalità, figurò se stesso come la vegetazione che prima è visibile, poi scompare, per tornare di nuovo visibile. Altrettanto, perciò poteva accadere alla vita animata che nasceva da Rea, poi scompariva e veniva conservata nel grembo di Saturno -la Madre ctonia- per poi tornare a comparire.
I riti di iniziazione che si sono potuti studiare e ancora presenti in luoghi remoti della Nuova Guinea o della isole dell’Oceania, hanno lo scopo di reintegrare l’individuo in quell’appartenenza al Tutto che la nascita della coscienza ha incrinato, ma non annullato. Sono ancora riti, bisognava attendere un ulteriore balzo in avanti perchè dal semplice ed immediato rito si passasse al racconto del mito.
“Il punto culminante delle cerimonie era costituito dalla morte rituale, con la quale moriva il figlio e nasceva l’individuo che ora apparteneva alla Storia Sacra che aveva creato il mondo, alla storia di quegli Esseri soprannaturali da cui un tempo era stato generato tutto”.
La morte rituale era preceduta da una fase di regressus ad uterum che, a prescindere dal come veniva rappresentato ( una sepoltura tramite foglie, un periodo di chiusura in una caverna o comunque in un luogo buio e solitario, una scena mimica di ingoiamento da parte di un mostro, un serpente ecc.), simboleggiava il ritorno alla Madre ctonia e la rinascita avveniva proprio perché l’iniziato ora era nato dal seno della Madre Terra. Proprio in virtù dell’essere figlio della Madre Terra, entrava nel suo ciclo di perenne morte-rinascita e quindi, lo scendere simbolico nelle profondità della terra era l’equivalente di una discesa nel regno dei morti e la Grande Madre ctonia, assimilata alla morte, in virtù di questa caratteristica era anche una Madre della vita.
Questa Madre che, affidata al mito, diventerà poi Persefone/Proserpina o Arianna - storie tutte che ritroviamo assegnate al Toro - era la Grande Madre del sottoterra, colei che assicurava l’assistenza e l’accudimento del corpo che non era morto –la nostra realtà - ma era solo passato ad un altro stadio, esaurito il quale, sarebbe tornato a quello precedente.

Una rapida riflessione su quanto Saturno sia stato in seguito assimilato alla morte e al Grande Malefico, quindi anche al tempo, può confermare quanto appena detto e, nello stesso tempo, può evidenziare che questa divinità ha conservato solo una parte dei significati originari che il pianeta in trasparenza segnala. Il fatto, poi, che la sua sede sia diventata l’isola dei Beati, non modifica la reazione istintiva e immediata che suscita Saturno, particolarmente nei suoi transiti. In effetti anche per questa anomalia c’è una possibile spiegazione: nel progredire del processo di differenziazione l’uomo non poté più identificasi con la vegetazione, “scoprì” l’anima alla quale affidò la sua immortalità e il corpo venne lasciato alla terra e quindi morì. Il destino finale del corpo divenne la sua morte. Nell’inconscio collettivo riparò il senso di questa antico, semplice e lineare sapere, pronto a riemergere e chiedere compensazioni.
Tanta e tanto affascinante storia possiamo ritrovare nella presenza di Saturno nel Toro, come residuo della nostra storia vissuta al riparo della Madre Terra, di quel mondo che perciò definiamo femminile-lunare.

Nel regno di Saturno al Giove venusiano e lussureggiante del Toro corrisponde il suo negativo, perchè Giove in trasparenza nel Capricorno parla della perdita di un grande benessere di cui forse sarà possibile tornare a godere, ma ad un costo elevatissimo. C’è dunque un grande rimpianto per l’aver perso la possibilità di usufruire della grande ricchezza che offre la vita, raggiungibile sì, ma solo con il sacrificio e con un estenuante sforzo. Nascono da queste sensazioni delle caratteristiche ben precise nei nativi del Segno, che in prima linea vedono la tenacia e la resistenza; sia l’una sia l’altra spesso sconfinano, la tenacia scivola nella testardaggine, perchè il passaggio dalla determinazione all’ostinazione è sempre in agguato, così come il resistere alle avversità della vita può diventare quasi un obbligo morale cui non potersi sottrarre. La rigidità, dunque, e la fermezza degli obiettivi da raggiungere ad ogni costo, anche a spese altrui, sono dei capisaldi dei Capricorno.
Questo doversi così duramente guadagnare la vita non ha riscontro in nessun altro Segno, perchè esula dall’ovvietà che nulla ci viene regalato, per entrare nella drammaticità di un’esistenza che va conquistata palmo a palmo. Ma perchè?
Di nuovo un rito ci potrà aiutare a trovare una plausibile risposta.

A Roma in epoca imperiale dal 17 al 23 dicembre, quando il sole sostiziale, il sole bambino, tornava a ricomparire nel cielo, si festeggiavano i Saturnali. Erano feste molto antiche, le cui origini non sono più rintracciabili, ma le notizie che ci forniscono gli autori latini, Macrobio in particolare, sono più che sufficienti a comprendere il loro significato.
Saturno era il dio che presiedeva a questo evento ed era per sua grazia che, fosse pure per poco, il mondo aveva un sovvertimento: scomparivano le discriminazioni tra liberi e schiavi, cadevano i divieti soliti, si usufruiva di libertà impensabili in altro periodo, come, per esempio, il potere giocare a dadi… Era l’aurea aetas, la mitica età, quando gli uomini in un’eterna giovinezza vivevano insieme agli dei, si nutrivano di ghiande e di miele, non c’era dolore né affanno alcuno, la terra senza lavoro dava il suo frutto e si moriva “ come vinti dal sonno”….. quando, insomma, un rassicurante e perenne benessere custodiva la vita.
Questa descrizione di Esiodo si adatta a tratteggiare come doveva vivere l’uomo quando iniziava a muovere i suoi primi passi, con una mente che non era più nel buio totale, ma che non era ancora uscita dal grande utero della terra.
Ma quale? quello che di Gea o quello di Saturno?
La risposta è già nella domanda: quel Saturno che, evirando Urano ci aveva dato l’embrione della coscienza, era ancora quello che ci ospitava da morti nel suo tranquillo e accogliente grembo.

Ma, tornando ai Saturnalia, perchè il mondo, una volta l’anno, doveva subire questo ribaltamento e tornare in un così remoto passato?

Questa domanda apre l’affascinante argomento dell’ Eterno Ritorno. Presente in tutta l’area mediterranea e paleorientale, era sempre preceduto da una fase di dissoluzione dell’ordinamento precedente, quindi era un ritorno al caos, preludio indispensabile alla nascita dell’anno nuovo, il nostro Capodanno, nel quale, non a caso, la speranza e l’augurio sono di !!

Non aveva importanza il periodo nel quale iniziasse l’anno nuovo, poteva essere, variando fattori climatici e culturali, novembre, dicembre, marzo, aprile, luglio per gli Egizi, … ciò che è costante e che ritroviamo anche nei Saturnali, era il bisogno di fare coincidere la fine di un periodo e la nascita di un altro. Era il bisogno di rigenerare il tempo, di ricongiungersi a quell’illo tempore nel quale era avvenuta la creazione del cosmo, quando appunto non c’era alcuna differenza, uomini e dei vivevano insieme, non c’era il male, non c’era il lavoro…. non c’era la morte… era l’aurea aetas…. era, come abbiamo già visto a proposito della trasparenza di Saturno nel Toro, l’appartenenza
“ alla Storia Sacra che aveva creato il mondo, alla storia di quegli Esseri soprannaturali da cui un tempo era stato generato tutto”.

Questo Grande Tempo, il tempo delle origini, poteva essere segnalato dal solstizio e abbinato alla luce, poteva essere collegato alla comparsa della vegetazione, poteva avere un cerimoniale diverso… ma quello che non cambiava era la possibilità di reinserirsi nel ritmo cosmico, in un cosmo ancora libero da tutto ciò che potesse riferirsi al male.
L’eterna ripetizione dell’atto cosmogonico spesso comprendeva anche il ritorno dei morti, perchè in questo tempo, così fuori dal tempo, i vivi potevano diventare contemporanei dei morti che tornavano alla luce, ricomparivano dopo la scomparsa, esattamente come la luce o, meglio ancora, come la vegetazione. La vita emergeva dal sottoterra e tornava visibile. La morte non c’era!

A Roma con i dadi si conosceva il volere degli dei, secoli prima a Babilonia nella si poteva conoscere il destino di ogni giorno e di ogni mese…, in Grecia nelle Anthesterie, quando con la primavera ricompariva la vegetazione, si festeggiavano i morti che, mescolati ai vivi, erano risorti e prima di ogni altro Dioniso, il risorto per eccellenza…. che annualmente come Tammuz, come Adone come Atti, come Cristo sconfiggevano la morte…

Come era possibile che il tramonto di questo paradiso, nel quale si poteva riassaggiare la felicità dell’essere in un mondo beato, ricco , sereno, nel quale perfino la morte aveva perso il suo tragico significato, non lasciasse un cocente rimpianto, una profonda sensazione di perdita, la triste certezza di doversi guadagnare la vita con sacrificio, tenacia, anche ostinazione?
Come era possibile che non si sviluppasse in parallelo una ferrea volontà di riconquista e la necessaria forza e l’indispensabile resistenza per riuscire in quest’ardua impresa?
Questo è il senso di Giove trasparenza, un Giove dimesso, che non regna più su quel bel monte dove non tramonta mai il sole, ma sa che si deve rimboccare le maniche per sopravvivere.
L’Eden e tutti i miti o i riti che, direttamente o in modo sfumato, si riferiscono all’età dell’oro finiscono nel Capricorno, in questo decimo Segno nel quale, non a caso, leggiamo la nostra autonomia e la nostra indipendenza, in poche parole come sappiamo giocarci la vita…come sappiamo giocare i nostri dadi.


Morpurgo: Opere
Barbault: Trattato pratico di astrologia
Eliade: L’eterno ritorno


 
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