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- Astrologia e dintorni

IL PERCORSO DEL FEMMINILE VERSO LA SUA IDENTIFICAZIONE
     a cura di Matilde Aballe
 
IL PERCORSO DEL FEMMINILE VERSO LA SUA IDENTIFICAZIONE
In Occidente, contrariamente ad altre culture, si tende a dare poco valore e a non riconoscere l’importanza della femminilità.
L’occidente è caratterizzato da un sistema prevalentemente maschile e patriarcale: esso è unilaterale, basato soprattutto sulla razionalità e scarsamente disposto ad accettare l’aspetto più interiore ed emotivo, tipicamente femminile, che consentirebbe una comprensione più globale della realtà.
Non vi è apertura all’altro e il conflitto fra le diversità, e quindi anche tra maschile e femminile, è aspro.
Quando principio maschile e femminile non si integrano, c’è lotta per il potere dell’uno sull’altro e sull’ambiente intorno, non c’è riconoscimento del valore,né da parte dell’uomo verso la donna, né da parte della donna verso l’uomo, né della ricchezza che può derivare da un diverso modo di essere e di vedere la realtà.
Il femminile è mistero, non si ha modo di definirlo e disorienta chi tenta di approfondirne il senso.
L’arcano si dissolve attraverso simboli appartenenti alla vasta cultura umana
che, dai tempi più antichi, ha prodotto miti e archetipi, in grado di indicare le vie più profonde dell’esistenza.
Miti e archetipi, infatti, parlano direttamente alla nostra anima, superando la riduttività di un discorso razionale; in quanto essi contengono anche un significato universale, espressione di un processo comune a tutti gli esseri umani.

Riferimento fondamentale è la psicologia analitica di Jung, che ha saputo comprendere il percorso evolutivo della donna mediante lo studio antropologico e l’esplorazione simbolica dei miti.

Nel mito il mistero diventa un percorso iniziatico, in cui la donna acquisisce il suo potere femminile fecondo attraverso tappe dolorose di morte-rinascita.

Il mistero del femminile sembra una storia che narra destini comuni, è il racconto di ogni donna, ma è anche la storia di una coscienza e delle sue lotte interiori, di una lenta metamorfosi attraverso cui emerge la verità della propria essenza.
Infatti, già nelle antiche religioni misteriche della dea lunare, l’educazione alla vita emotiva non avveniva attraverso uno studio razionale, ma mediante iniziazione, intesa come risveglio interiore.
I miti e i riti delle antiche religioni esprimono, quindi, una proiezione di realtà psicologiche non distorte da razionalismi, e in tutte le questioni riguardanti il regno dello spirito, i popoli primitivi non pensavano, ma “sentivano”, grazie ad un’affinata percezione intuitiva.
È la conoscenza di “come stanno veramente le cose”, il sentiero immerso nell’oscurità inconscia, che però rispecchia i fatti e non può mentire. Questa è la saggezza dei tempi, che è possibile recuperare per una visione culturale più ampia, affinché la vita non abbia una sola dimensione.

La Grande Madre

Per la psicologia analitica, gli elementi costitutivi dell’inconscio collettivo sono gli archetipi.
L’archetipo è un’immagine interiore che agisce nella psiche umana.
L’archetipo è un fattore oscuro, una predisposizione che, in un dato momento dello sviluppo dello spirito, comincia ad agire. La sua eterna presenza è invisibile, come un campo magnetico potente, che contiene in sé una potenziale pluralità
simbolica. L’archetipo contiene in sé differenti immagini con altrettanti significati, i quali possiedono una forte componente emotiva, capace di condizionare notevolmente il comportamento umano.
Le immagini simboliche sono rappresentazioni dell’archetipo, latente e inconscio, alla coscienza.
Gli archetipi sono numerosi, ma tra quelli che riguardano il femminile e che ci interessano particolarmente vi è quella che Jung ha definito l’archetipo della Grande Madre.
La Grande Madre è un aspetto parziale ma anche centrale dell’archetipo del femminile e appare relativamente tardi nella storia dell’umanità.
La combinazione dei due termini Madre e Grande implica un simbolismo dotato di una forte componente emotiva.
Il termine Madre, infatti, indica una complessa situazione psichica dell’Io, oltre che una relazione di filiazione, mentre la parola Grande esprime il simbolo della superiorità, che la figura possiede nei riguardi di tutto ciò che è stato generato.
Le immagini simboliche che si rifanno alla figura della Grande Madre, sia nel suo aspetto negativo sia in quello positivo, sono veramente tante e comprendono dee e fate, demoni e ninfe, fantasmi e mostri.
L’uomo primitivo concepiva la divinità come una fusione paradossale di bene e male; solidarietà e ostilità; insomma un’unità; mentre successivamente, la dea buona e la dea cattiva sarebbero state venerate per lo più come diverse l’una dall’altra.
In tempi arcaici, l’uomo si accostava alla realtà mitologicamente, tramite in altre parole la formazione di immagini archetipiche che proiettava sul mondo.
È lo stesso modo che utilizza il bambino piccolo quando riversa sulla propria mamma l’immaginario della Grande Madre e, per questo, la percepisce come un femminile onnipotente da cui dipendere assolutamente.
È la vita umana alle sue origini quando è diretta non dai concetti, ma dalle immagini primordiali; non dalla razionalità ma dagli istinti e dai simboli, quali espressioni spontanee dell’inconscio ed è solo con il loro aiuto che la psiche può orientarsi nel mondo.

L’Uroboro

L’Uroboro, l’immagine del serpente circolare che si morde la coda, simboleggia la situazione psichica originaria, dove la coscienza e l’Io sono ancora indifferenziati. Man mano che nell’immaginario archetipico l’uroboro si sviluppa, confluisce in maniera fluida nell’archetipo del femminile e si trasforma nella Grande Madre.
L’uroboro, simbolo primordiale contenente gli opposti, è definito anche Il Grande Cerchio, in cui sono fusi elementi positivi e negativi, maschili e femminili; in tal senso è simbolo dell’inestricabilità del caos, dell’inconscio e della totalità della psiche.

I caratteri del femminile: elementare e trasformatore

Il femminile si distingue per la presenza di due caratteristiche che coesistono e si contrappongono tra loro: il carattere elementare e quello trasformatore che possono anche presentarsi contemporaneamente ma esiste anche un dominio di uno sull’altro.
Il carattere elementare è tipico del femminile che ha la tendenza a mantenere fermo tutto ciò che nasce da esso; è il classico atteggiamento del Matriarcato che, con la sua funzione determinante, protegge, nutre, riscalda, contiene, ma in senso negativo , poiché rende la coscienza infantile, dipendente, inerte, attraverso il rifiuto e la privazione.
Il carattere elementare quindi possiede un aspetto buono e uno cattivo.
L’aspetto buono, per cui la donna contiene e protegge, nutre e genera, è il simbolo del femminile che diventa creativo nel segreto e nel silenzio.
Le immagini che esprimono il carattere negativo del femminile nella cultura sono rappresentate da demoni, streghe, vampiri, mostri che divorano ecc.
Il femminile trasformatore invece, a differenza della tendenza conservatrice del carattere elementare, spinge al movimento e alla trasformazione.
Tale carattere trasformatore è la funzione del materno che nutre.
Il femminile ne fa esperienza in modo naturale nella gravidanza, nel rapporto con la crescita intrauterina del feto e con la nascita e ciò lo condurrà al culmine dei misteri di trasformazione spirituale, legati al sangue e quindi all’esperienza della propria creatività.
La donna è, quindi, strumento di trasformazione, sia di se stessa, sia del bambino; dentro e fuori di sé.
Il primo mistero di sangue del femminile è la mestruazione, momento sacro della vita della donna, che si trasforma da bambina in fanciulla, potenzialmente capace di dare la vita.

La gravidanza è il secondo mistero. Anticamente si riteneva che l’embrione fosse creato dal sangue della madre, la cui fuoriuscita cessa durante la gravidanza.
Quando con la nascita avviene la trasformazione della donna in madre, emerge un nuovo archetipo, che trasforma profondamente la vita del femminile attraverso la relazione con il bambino, legata alle funzioni di nutrire, proteggere, riscaldare, mantenere sicuro.
Il terzo mistero è la trasformazione del sangue in latte.

Il simbolismo della Luna come coscienza matriarcale

La Luna è il simbolo che ha dato significato alla donna, nel corso dei tempi, soprattutto rendendola diversa dall’uomo, distintamente femminile, in opposizione alla mascolinità.
Nel mito, nelle leggende la luna rappresenta la divinità della donna, il principio femminile, così come il sole simbolizza, invece, il principio maschile.
La luna è stata sempre considerata parte della donna, come fonte e origine della fertilità e in seguito anche Dea, che la protegge e la sostiene nei fatti più importanti della vita.
La luna presiede alla notte, regola l’oscurità dell’intuitivo mondo interiore: è incomprensibile, potente e fatale; è dea dell’amore e del rapporto. Riuscire a comprendere il significato di ciò, ci riporta al valore dell’antica differenziazione tra maschio e femmina; ci riporta nelle profondità dell’inconscio e al suo simbolismo originario.
Quindi, dove la coscienza non è ancora patriarcale, cioè non distaccata dall’inconscio, predomina la coscienza matriarcale, ovvero la coscienza femminile esposta ai processi inconsci, portatrice di rinascita spirituale.
Simbolo ne è la luna, che è in relazione con la notte e con la Grande Madre del cielo notturno: quindi è l’aspetto luminoso della notte, appartiene ad essa e ne esprime la sua spiritualità. La luce esiste anche quando il cielo è nuvoloso, quindi la luna è simbolo di una totalità unita allo sfondo, dal quale però emerge.
Per esempio, i misteri primordiali del femminile, all’inizio della cultura umana, come preparare i cibi, bevande e pozioni magiche, costruire vasi, non erano semplici prestazioni tecniche ma rituali carichi di significati simbolici, in cui il lato spirituale della donna si concretizzava.

I medicinali e le bevande preparate da figure sacrali (sacerdotesse, sciamane)
possedevano un contenuto efficace, in quanto tramandato misteriosamente, che conduceva ad un’espansione profonda della coscienza.
Per il mondo antico, ogni fase lunare è manifestazione dell’essere lunare, così come le fasi della vita manifestano l’essenza dell’uomo. Le fasi lunari, quindi, proiettano l’evolversi delle costellazioni psichiche della donna, nelle quali essa sperimenta il suo rapporto con l’uomo. In altre parole, il rapporto sole-luna è la rappresentazione simbolica del rapporto tra i sessi.
La luna, signora della vita psicobiologica, domina sia il periodo celeste cosmico, sia il periodo terreno della donna, il cui ritmo di ventotto giorni è analogo al ritmo celeste. È il mondo della Grande Madre, intesa come vita e fertilità che governa le acque degli abissi, i fiumi, i mari, le sorgenti, tutto ciò che è umido e prepara al parto e al nutrimento.
L’uomo primitivo venerò nella donna proprio il mistero della fecondità, quale attività magica del femminile, tentando di influenzarne le forze attraverso riti magici.
La luna, quindi, è soprattutto signora della vita femminile più intima e vera, che inizia con le mestruazioni, intese come deflorazione spirituale; profonda saggezza archetipica; momento decisivo nel destino della donna.
L’appartenenza del femminile alla luna nasce così da un’esperienza inconscia di identità con essa: la donna si riconosce sempre legata alla luna e il loro rapporto si rispecchia nel legame della luna con la terra e la vita..
È il manifestarsi di un segreto mondo interiore, che richiama fascino e seduzione, apparentemente privo di contatto con la realtà: infatti, esso è un mondo spirituale e creativo, a cui anche l’uomo può attingere come risorsa energetica, in quanto contenente spirito ardente e produttivo; coraggio; intuitiva emotività; è il regno delle Muse, o forze femminili, che proteggono ciò che è creativo artisticamente.
La coscienza matriarcale non appartiene solo alla donna, quindi, ma esiste anche nell’uomo, essenzialmente in forma di coscienza-Anima.

Il tempo lunare.

Il culto lunare assume un significato, anche, in quanto misura diversa del Tempo. Il tempo lunare muta assumendo diverse tonalità; è un tempo ritmico, aumenta e diminuisce, è ciclico, favorevole o sfavorevole.
Esso determina, quindi, la vita umana: per esempio, la luna nuova e la luna piena sono qualità simboliche del mondo e dell’uomo; appartengono ai primissimi periodi dei tempi sacri; sono centri di vibrazione, flusso e forza che fanno pulsare la vita psico-biologica. La periodicità lunare, pertanto, con il suo fondo notturno, è simbolo di uno spirito che cresce e si trasforma, grazie ai processi oscuri dell’inconscio: la coscienza lunare, infatti, regola il proprio impulso spirituale, in risonanza con esso.
Il carattere del mutamento ciclico rappresenta anche un altro aspetto della natura della donna;l’uomo, però, ha visto soltanto la componente negativa di ciò, considerando la donna volubile, non degna di fiducia.
Tuttavia, proprio come la luna segue un preciso ordine o una norma, così anche il mutamento femminile ha in sé una legge, un principio interno, con una sua personale visione ciclica e periodica della vita.
Mentre la coscienza maschile patriarcale è più rapida, più astratta e distaccata mentalmente, la coscienza matriarcale è mistero e silenzioso raccoglimento: “la donna deve attendere finché non sia di nuovo luna piena […] solo quando il tempo è compiuto, emerge la conoscenza come illuminazione” (Neumann E. La psicologia del femminile)

Il sapere patriarcale persegue l’atto del capire, mentre quello matriarcale, più profondo, è intuizione emotiva: capire significa contenere, concepire, portare sino al compimento; nel processo creativo accade proprio questo, che il frutto luminoso affiora grazie ad una forte partecipazione affettiva.
La sede della coscienza matriarcale si trova simbolicamente nel cuore, non nella testa.
La simbologia del Velo è il mistero che appartiene sia alla luna, sia alla notte: è forza rigenerante dell’inconscio guaritore che opera durante il sonno, velata, ossia senza l’ausilio della coscienza.
Le conoscenze prodotte dalla coscienza matriarcale non sono verità comunicate ma trasformazioni
vissute: l’interesse è diretto verso il significato emotivo delle cose, percepito come conoscenza vitale dello spirito lunare.

Lo spirito lunare della Dea

Lo spirito lunare è Anima, eterno femminino e non possiede il carattere astratto, individuale e assoluto, tipico del maschile patriarcale.
Il maschile, con la sua tendenza ad evolversi verso la coscienza patriarcale, è più avanti rispetto al femminile, poiché esso vive la coscienza matriarcale soltanto come momento spirituale provvisorio: distaccandosi dall’inconscio, percepirà negativamente il matriarcato, la donna e anche la luna.
Solo nei periodi più avanzati dello sviluppo, quando il patriarcato si è realizzato, il processo di individuazione porta ad un ritorno indietro.
La Dea Lunare DEMETRA quindi, è la più alta incarnazione del principio femminile come conoscenza spirituale, divina.
Era la forma femminile dello Spirito Santo: questa divinità, come modo di sentire la vita, è legata alla Terra, alla Natura, alla fertilità.
La dea Demetra-femminile non svanisce, ma il suo spirito rimane come il profumo di un fiore, legato cioè alla realtà terrena.
Questa saggezza femminile e materna richiede partecipazione, non un sapere astratto e disinteressato: Demetra è viva, presente e vicina; è una Dea che ama, che può sempre essere invocata ed è sempre pronta ad intervenire; non è
una divinità estranea al mondo e irraggiungibile per l’uomo.
Quindi, come potenza spirituale Demetra ama e salva e il suo cuore è saggezza e nutrimento.
Come Madre-Spirito, essa non è la Grande Madre dello stadio elementare ma è dea della totalità e desidera uomini che sappiano esplorare la vita in tutte le sue dimensioni.
In seguito allo sviluppo patriarcale, nell’Occidente giudaico-cristiano, la dea fu detronizzata e repressa, sopravvivendo a stento solo a livello segreto: la grande Dea divenne la compagna sottomessa compiacente al Dio maschile.
Oggi la Dea non viene più adorata; la sua forza dispensatrice di vita continua, però, a manifestarsi nella donna come Eterno femminino, ossia come femminilità nella sua essenza immutabile e trascende,nell’infinito, la sua incarnazione terrena.
La Grande Dea incarna il Sé femminile, che si sviluppa nella storia dell’umanità, come in quella di ogni singola donna: è il mondo psichico archetipico, una potenza sotterranea che valorizza il sentimento come forza energetica emergente dal profondo.
In altre parole, in ogni situazione della vita, dinanzi a scelte difficili, la persona, uomo o donna che sia, sente ciò che l’Anima le chiede di fare e può ascoltarla o rinnegarla. Scegliere con l’anima conduce nel fuoco o nel deserto, mette a dura prova il coraggio, rivelando l’autentica essenza di ognuno.
La Dea è “la Donna che è nel cuore delle donne”,(Bolen J.S.) appare nei sogni, a volte come donna oscura più grande della vita, a volte come guida luminosa nel mondo oscuro delle emozioni. È una figura dell’interiorità, rappresenta la saggezza che deriva dal cuore, la via della conoscenza tanto svilita dal
patriarcato, che la sostituì con l’obbedienza verso un’autorità esteriore.
Nella mitologia greca essa veniva rappresentata da Metis, la dea pre-olimpica della Saggezza, che Zeus rimpicciolì con l’inganno e poi divorò, mentre era incinta di Atena.
La Dea, però, continua ad essere cercata durante il viaggio della spiritualità, quando la donna prosegue nella vita, decidendo ciò che vuol diventare in base alle sue scelte e risvegliandosi alla Verità della propria Anima.
Non il potere bensì l’amore deve essere presente, affinché la Dea si riveli nel suo mistero incarnato, come vera esperienza di vita.
L’atto stesso di cercarla fa sì che essa si muova con il suo ventre gravido, nell’universo o nell’inconscio, reagendo come ad un invito.
Per l’uomo, la vita è qualcosa che va presa d’assalto, in un atto di volontà eroica; per la donna, invece, costituisce un processo di risveglio attraverso il rapporto amoroso. Entrambi affrontano differenti percorsi di individuazione, ma compiono similmente delle prove iniziatiche, che condurranno loro al sacrificio finale, per sperimentare una nuova nascita. Tale sacrificio consente alla donna di liberarsi
dall’impaccio delle relazioni personali, mettendola in condizione di essere una persona con i suoi diritti. .
Infatti, nei tempi un cui fioriva il culto della Dea Luna, la vita sessuale e amorosa della donna era dedicata alla dea, mediante un atto di prostituzione eseguito nel tempio.
Tutto ciò non comportava riprovazione sociale, al contrario un onore, in quanto facente parte di una pratica religiosa. “La donna, almeno una volta nella sua vita si concedeva non ad un uomo particolare per amore di lui, cioè per dei motivi personali, ma per la Dea, per il proprio istinto, per il principio
interiore dell’Eros” (Harding E. I misteri della donna)
Tale atto riguardava il suo rapporto, quindi, con la dea dell’Amore, oltre
l’uomo concreto; soltanto così essa poteva prendere su di sé la responsabilità della propria vita istintuale, secondo l’esperienza del suo principio femminile interiore.
Una donna può stabilire un rapporto con la Dea Lunare, riconoscendo che il suo naturale istinto ha un’influenza decisiva su tutta la vita; essa diventa una-in-sé-stessa quando si rende conto della sua energia divina e impersonale, ottenendo così l’unicità e la totalità del suo essere.

I miti, le immagini simboliche e letterarie sul femminile ci forniscono molteplici esempi di come noi donne siamo, a volte, principesse fragili, in attesa perenne di essere salvate, oppure calde amanti; a volte, fanciulle prive di gesti o divoratrici insaziabili e oscure. Siamo capaci di accogliere e sentire ma anche di dominare e distruggere: il nostro è un potere che diventa forza se crea armonia nel rapporto con noi stesse e con gli altri, altrimenti tende al possesso e all’avidità.

Sia per il maschile che per il femminile la totalità è raggiungibile solo quando, con una unificazione di giorno e notte, di superiore ed inferiore, la coscienza patriarcale e quella patriarcale giungono alla produttività loro propria e si completano e si fecondano vicendevolmente.

L’Ebreo Midrash racconta che all’inizio della creazione luna e sole erano della stessa grandezza, ma che poi per un’azione colpevole la luna rimpicciolì e il sole divenne la stella dominante del mondo. La promessa di Dio alla luna parla però del ritorno futuro alla situazione originaria: “Un giorno tu sarai nuovamente grande come il Sole; e la luce della Luna sarà come la luce del Sole”
 

 
 
 
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