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- Astrologia e dintorni

ELOGIO DELLA FOLLIA DI NETTUNO
     a cura di Giovanni Pelosini
 
ELOGIO DELLA FOLLIA DI NETTUNO
Sarà forse perché è il pianeta della fantasia, sarà perché è l’emblema dell’eterno divenire e del suo Mistero, sarà la mia natura fortemente acquariana che mi fa amare tutto ciò che esula dalla norma, o forse questo omaggio pagano all’energia di Nettuno risponde solo all’esigenza degli archetipi di manifestarsi nelle forme più inconsuete e bizzarre.
Spetta, infatti, all’anima nettuniana trasformare gli impulsi profondi dell’ispirazione in espressioni intelligibili all’umanità ed alla parte più razionale dell’individuo, come ricorda Ovidio nelle Metamorfosi:
“Et ignotas animum dimittit in artes”
E’ così che anche i messaggi, individuali e cosmici, di alta sacralità sono tradotti in manifestazioni artistiche di cui si può cogliere la bellezza e la profondità grazie all’azione mediatica nettuniana, pur non conoscendone l’origine, che rimane ignota ed avvolta da una altrettanto nettuniana fitta nebbia.
Nello stesso modo nasce la genialità, che raramente è disgiunta dalla sregolatezza: entrambe, infatti, originano dalla tendenza a trasgredire regole e codici, ad amare il fantastico, a ricercare lo straordinario in contrapposizione all’ordinaria realtà.
In questo nettuniano abnorme contesto troviamo la fuga dal quotidiano, la quale può assumere varie forme in funzione delle situazioni e della diversa natura dei soggetti: dall’accesa fantasia dei sognatori al gusto per l’avventura, dalla creatività dei geniali innovatori alle sublimi mistiche tentazioni del corpo e dello spirito; riconoscendo di volta in volta le sfumature che sono tipiche dei segni in cui il pianeta è domiciliato o si esalta (Pesci, Sagittario, Acquario).
E’ certo che per molti nettuniani il “banale quotidiano” risulta aggressivo e mortale, come appare evidente nell’episodio dell’Iliade (XX Canto) in cui il religioso Enea viene salvato proprio da Poseidone-Nettuno: il dio diffonde una provvidenziale nebbia sugli occhi di Achille che si stava scagliando con furia contro di lui per ucciderlo e quindi lo porta lontano dal nemico ammonendolo: “Via dunque, ritirati ogni volta che t’imbatti in lui!”.
L’allegoria è chiara: Nettuno usa la “nebbia” come arma per confondere gli avversari e la “fuga” come estremo espediente.
La confusione però è un’arma difficile da usare, genera il caos, il disordine e può portare alla rovina. E’ un’arma terribile che può arrivare a distruggere la stessa persona sprofondandola nell’abisso dell’inconsapevolezza, così come può dissolvere gli schemi dell’illusoria realtà e rompere le barriere egoiche che limitano la fusione del Sé con l’Infinito, ascesi cui Nettuno misticamente tende.
Nettuno, dio del mare, usa la forza femminile dell’Acqua, che è passiva, ma terribile, che come nebbia confonde la visione invadendo l’atmosfera, e come onda rompe gli argini delle convenzioni, distrugge le dighe della normalità.
Nettuno il distruttore o, come lo chiamava Omero, Poseidone Ennosigeo, ovvero lo scuotitore della terra, colui che poteva scatenare terremoti con il suo tridente: un dio da onorare e da temere, mai da ignorare.
Un sisma può disgregare in pochi attimi tutto ciò che è stato ordinato in secoli.
L’onda di un maremoto è uno degli spettacoli più terrificanti e distruttivi di cui l’umanità abbia memoria. Così sono le forze dell’inconscio che possono scatenarsi dal profondo.
Chi può dire quali misteri si nascondano negli abissi del mare o della coscienza?
Dai gorghi del mare possono emergere orribili mostri nettuniani, spaventosi leviatani, serpenti e gigantesche piovre, famelici squali, Kraken, orche ed altri animali leggendari. Tutti terrificanti ed elusivi, tutti capaci di minare le umane certezze con fauci spaventose e selvaggia aggressività.
Talvolta, dal profondo, Nettuno fa emergere cavalli di mirabile bellezza, ma sempre i mortali preferiscono i più rassicuranti doni della razionale Atena, come narrano i miti.
Uno degli animali preferiti di Nettuno è infatti il cavallo: l’alato Pegaso ed il magnifico Arione sono figli di Poseidone.
Il cavallo è simbolo di vitalità e forza, magia e nobiltà, istinto e potenza, ma, soprattutto in psicanalisi, questo animale nettuniano rappresenta l’inconscio profondo e l’energia ctonia e notturna dell’antica Dea Madre, e spesso scalpita e batte con gli zoccoli alle porte della mente razionale.
“Matto come un cavallo” si dice, facendo riferimento a questo animale considerato comunemente bizzoso, imprevedibile, stravagante e balzano.
Come Pegaso aveva il potere di far scaturire l’acqua dalle rocce, così il cavallo nell’immaginario e nei sogni ricorda che esiste anche un’altra realtà con cui fare i conti e rivendica uno spazio che la fredda ragione ha usurpato, spesso a scapito della creatività. Se questo spazio viene negato, il sogno può diventare un incubo e tutta la forza sotterranea di Nettuno, non più controllabile, può travolgere come l’acqua che non viene più trattenuta da una diga.
E’ pur vero che il controllo razionale (Saturno) è utile per contenere le energie inconsce, per utilizzarle con disciplina in una dimensione relazionale ordinaria ed evitare situazioni fuorvianti e destabilizzanti per la psiche. Nettuno acquista così con Saturno la forza e la stabilità necessarie all’utilizzo proficuo delle sue stesse caratteristiche positive. Ma che ne sarebbe delle virtù di tutti i pianeti senza un pizzico di sana follia nettuniana?
Epicuro prescriveva di “mescolare la follia alla saggezza” anche se “solo per poco”.
Così invece Erasmo da Rotterdam fa parlare la sua personificazione della follia (Elogio della Follia, XI): “Non l’asta di Pallade dal padre possente, né l’egida di Giove adunator di nembi, generano e propagano la stirpe umana. (…) Venere medesima (…) non negherebbe mai che senza l’aiuto della mia divinità la sua forza sarebbe insufficiente ed inutile.”
E chi può dire quale sottilissimo confine esiste tra follia e genio, tra follia e santità, tra follia e saggezza?
Fra gli indiani Lakota i pazzi sono considerati sacri ed un antico rito tantrico shivaita prescrive la “Sacra follia” al fine di “negare la negazione”.
Così nel profondo “blu” dell’abisso nettuniano ci si può perdere irreparabilmente, come ci ammonisce l’antico vocabolo germanico blau, che significa anche “ubriaco”, ma il Vuoto, il destabilizzante Vuoto, l’inquietante Vuoto verso cui ci indirizza questo pianeta attraverso la rottura degli schemi, potrebbe davvero essere l’unica autentica realtà dell’Essere.

Concludo con un brano di Luigi Pirandello dall’Enrico IV, in cui mi sono preso la libertà di sostituire la parola “pazzo” con “Nettuno”, perché credo, in tal modo, di potere ben rappresentare in sintesi la funzione destabilizzante di questo pianeta, che è così utile all’umanità quanto poco viene apprezzato da essa:
“Trovarsi davanti a Nettuno sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!”
 

 
 
 
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