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- Astrologia e dintorni

ASTEROIDI ED ASTEROIDOLOGIA
     a cura di Isabella Orsini
 
ASTEROIDI   ED  ASTEROIDOLOGIA
Spesso mi sono chiesta se esistano consigli, o per lo meno opinioni soggettive ma utili da consegnare a chi - appassionato di Astrologia tradizionale - desideri fare il grande salto e passare dalla condizione mentale di interpretatore di carte del cielo a quella ben diversa di ricercatore del significato dei nuovi astri.

Se considero gli errori, i vicoli ciechi che mi hanno fatto perdere tantissimo tempo e le difficoltà che ho incontrato sul mio cammino, probabilmente la risposta è sì; ma ancor più probabilmente molti di questi consigli assomigliano al famoso pettine del proverbio, dato a chi non ha capelli o a chi preferisce la chioma incolta: in altre parole, sono quasi certa che un buon ricercatore non si possa inizialmente sottrarre a tutta una serie di ostacoli, tramite i quali il suo intero modo di rapportarsi all'Astrologia verrà messo a dura prova; e - strada facendo - sarà uno spietato destino a folgorarlo sulla via di Damasco (oppure no), non senza - come nel benemerito film Non ci resta che piangere - chiedergli sistematicamente e monotonamente il simbolico fiorino, tanto perché gli sia impossibile dimenticare che sta varcando la soglia tra l'interpretazione secondo criteri già collaudati e la sperimentazione astrologica.

La mia quasi-certezza di cui sopra nasce da anni di osservazione a me medesima ed ai molti Amici che - usciti dal confortevole riparo dei semplici, pochi, rassicuranti astri principali con tutto l'entusiasmo e la buona volontà possibili - sono precipitati di lì a breve nelle sabbie mobili. Annoto con tristezza che non tutti ne sono usciti.

E, con ancor più stupore, annoto che molti hanno preferito mettere in discussione l'utilità del loro lavoro piuttosto che la correttezza del loro metodo, pur sapendo che nella sperimentazione non è corretto comportarsi come nella vita quotidiana: con quel che personalmente considero incapacità di ampliare il proprio campo di coscienza - e non predisposizione ed interesse alla ricerca - alcuni non vengono neanche sfiorati dall'idea che il loro approccio possa non essere adatto ai nuovi percorsi, e preferiscono dire che tali nuovi percorsi non portano a nulla.

Il che - a mio parere - è assolutamente vero: lo studio degli asteroidi, affrontato senza rigore e senza la consapevolezza che si tratta di una branca completamente nuova e da trattarsi come tale, non porta assolutamente a nulla se non a girare a vuoto. Può darsi che ciò non emerga immediatamente - quando cioè ai soliti dieci astri se ne aggiungono solo altri due o tre; ma mano a mano che il numero aumenta, cresce proporzionalmente la demotivazione, ed alla chetichella si fa marcia indietro, nella convinzione che - come spesso ho sentito dire - gli asteroidi non abbiano anima.

Malgrado sia già stato detto e ridetto che gli asteroidi sono tanti - anzi, tantissimi, cioè Troppi - perfino da chi non intende affrontarne lo studio, e malgrado sia evidente a chiunque ed in qualsiasi disciplina che la prima necessità sia quella di chiedersi che cosa si stia facendo (perché pensare di vuotare l'oceano con un secchiello è impresa che non dovrebbe neanche essere iniziata da persone mentalmente sane), molti Astrologi continuano a pensare che il problema degli asteroidi sia sostanzialmente solo questione di buona volontà: basta prenderne uno alla volta e - sulla base del nome e del mito - ipotizzare un significato di massima, una griglietta di interpretazione dedotta secondo logica, casa per casa segno per segno e pianeta per pianeta, ed amen, il gioco è fatto.

Esistono persone che - da almeno venti anni - stanno pubblicando volumi su volumi di questo genere, ed io li ho quasi tutti: ne ho tradotti molti e conosco quasi a memoria il contenuto di ogni singola pagina. Posso permettermi dunque di esprimere una considerazione che sarà personale, ma è per me basilare: tutta quella carta mi è servita solamente per capire che gli asteroidi non funzionano in quel modo.

O meglio: a dire il vero, funzionano mirabilmente a posteriori.
Quando - dato un soggetto di cui so già tutto - mi propongo di dimostrare a suon di dialettica che il suo diabete è collegato all'asteroide Nutella (dal momento che conosco le sue omeriche abbuffate di crema al cioccolato), qualsiasi cosa mi va bene: se detto asteroide è in 1^ casa, ovviamente, tutti comprendono quanto abbia a che fare con il soggetto e la sua struttura fisica; se è in 2^, perché a nessuno sfuggono i legami tra tale casa e l'alimentazione; se è in congiunzione al Sole, non c'è bisogno di dare spiegazioni (essendo il Sole il fulcro della personalità); se è in trigono alla Luna, a Venere o a Giove naturalmente siamo di fronte ad un esempio da manuale; e se è in tetranovile a Saturno va anche meglio, perché dimostra apertamente l'incontinenza alimentare del soggetto... e così via.

Anche se l'orbita è di 9°? Passi, per questa volta.
Anche se un'intera generazione ha quella medesima posizione dell'asteroide Nutella e solo il 2% dei soggetti è diabetico? Oh, beh, questo è secondario: non è con le percentuali che si fa l'Astrologia.

Ma anche nei Paesi in cui la crema di cioccolato non si chiama Nutella? Anche nei Paesi in cui la crema al cioccolato non fa parte delle abitudini alimentari? Certamente: l'Astrologia è nata in Occidente, l'Italia è il cuore dell'Occidente, dunque non ci sono dubbi.

Lo confesso: sarà un mio difetto, ma di fronte a questo tipo di approccio astrologico io mi sono sempre sentita presa per cretina. Ammetto volentieri che non tutti coloro che ragionano in questo modo siano intenzionati a prendermi per i fondelli in piena malafede, e sono anzi certa del contrario (cioè che la maggior parte di loro creda sinceramente a quel che dice e a quel che fa, senza minimamente rendersene conto e - beati loro! - senza riuscire neanche a vedere quale sia il punto della questione) ma - poco ma sicuro - per quanto mi riguarda, se voglio mantenere il rispetto di me stessa io non posso consentirmi di ragionare in questo modo.

Spesso ho pensato che il primo impedimento di cui è necessario liberarsi sia l'entusiasmo, soprattutto di quel tipo euforico e frizzante che dona tanto sapore a certi momenti della vita ma che fa approcciare la ricerca con lo stesso equipaggiamento con cui Fantozzi affronterebbe la scalata del K2.

Entusiasmo è una parola splendida, dal significato magico: alla lettera - tradotta dal Greco - significa c'è un dio dentro di me. Sul piano pratico, l'entusiasta è una persona piena di energie, dinamica, attiva, effervescente: il dio che si trova dentro di lui non gli fa percepire la fatica, supplisce alle manchevolezze del suo equipaggiamento, gli toglie la paura dell'ignoto, annulla gli scrupoli dei noiosi pessimisti, ed insomma lo fa procedere a tutta birra verso il risultato finale. Un entusiasta è un innamorato impaziente, fiero di esibire a destra e a manca il proprio amore: sa dove vuole arrivare, e ci vuole arrivare - cantando a squarciagola per esprimere la gioia che gli fa bollire il sangue - nel minor tempo possibile e per la via più breve, quella più diretta.

Un ricercatore - per come lo vedo io - non è quasi mai un entusiasta: tanto per cominciare sa benissimo che la strada più breve verso la meta è rappresentata da una linea retta solo ed esclusivamente in Geometria, e quasi mai nella vita reale o nella ricerca. E sulla lunga, lenta ed ondivaga via - che percorre in silenzio come un gatto notturno per percepire ogni possibile dettaglio, fermandosi ad ogni nuovo soffio di vento per fiutarne ogni odore, attento a quel che si lascia dietro le spalle tanto quanto a quel che si trova davanti - fa soprattutto tesoro del vecchio adagio a proposito del sapere quel che lascia e non quel che trova.

Il ricercatore non è il cinematografico Indiana Jones, ma un monotono, metodico, pignolo e puntiglioso animale a sangue (apparentemente) freddo, e del suo dio interiore è un innamorato geloso e sospettoso: con lui celebra una hierogamia che assomiglia ad un'implosione, per distillare non l'esuberanza ma le due quintessenze che dell'entusiasmo noto ai più sono il contrario esatto: la passione e la tenacia.

Nello zaino del ricercatore ci devono essere strumenti collaudati, che sappiano rivelarsi tanto utili quanto versatili. Parlando fuor di metafora, questi strumenti sono, prima di tutto ed in ordine di importanza:

Una buona - meglio se ottima - cultura astrologica di base.

Non ha alcuna importanza la Scuola in cui questa cultura affonda le radici; quel che importa è che abbia insegnato a padroneggiare con disinvoltura e colpo d'occhio non solo i fondamenti simbolici dell'Astrologia, ma anche un buon numero di tecniche interpretative (tema natale, transiti, rivoluzioni e progressioni sono proprio il minimo indispensabile, sia in Astrologia Personale sia in quella Mondiale).

Una cultura informatica finalizzata.

I temi a dieci astri si possono anche calcolare a mano, ma con gli asteroidi non si lavora senza un buon computer, da gestire senza la sindrome della vergine ottocentesca (quella che non sa mai dove mettere le mani, si vergogna di far qualsiasi cosa e - se la fa - è tanto impacciata ed imbranata da far solo danno), una efficiente connessione ad nternet ed un eccellente programma di calcolo astrologico.

La scelta del programma di calcolo è fondamentale, e non può seguire i criteri della moda, dell'amicizia e - ahimé - neanche quelli dell'economia: deve - come minimo - consentire di lavorare con archivi che contengono migliaia di dati, e soprattutto deve poter essere ininterrottamente aggiornabile in termine di nuovi astri. Ora come ora io conosco due soli programmi in grado di rispondere a questi requisiti: il primo - abbastanza costoso - è distribuito dalla Astrolabe con il nome di SolarFire e si può aggiornare scaricando gratuitamente le effemeridi dei nuovi astri dall'FTP delle Swiss Ephemeris, mano a mano che vengono pubblicate; il secondo si scarica gratuitamente da Internet, si chiama Riyal ed è aggiornato frequentissimamente dal suo creatore, Juan Antonio Revilla.

Entrambi i programmi che ho citato sono in Inglese, il che significa che chi è intimidito da una lingua straniera anche nella gestione delle semplicissime parole-chiave con cui far funzionare un programma, a mio parere, fa bene a dedicarsi a qualche altra attività.

Conoscere l'Inglese si rivela infatti indispensabile in quanto praticamente tutta la letteratura in argomento è in Inglese: le conoscenze aumentano - si può ben dire - di giorno in giorno, e l'unico modo per mantenersi aggiornati è comunicare in tempo reale, via Internet, con gli Studiosi, grazie alle non moltissime Mailing Lists del settore (praticamente tutte anglofone). Lo stesso dicasi di articoli, saggi, siti dedicati all'argomento: in Italiano c'è ben poco, ed in molti casi nulla. Ed è vero che - in ultima analisi - il lavoro del ricercatore è solitario; ma è ancor più vero che chi si isola dai risultati quotidiani dell'altrui ricerca credendo di poter perennemente autoalimentarsi non ha futuro (a parte poi la necessità di tener continuamente d'occhio le scoperte astronomiche su siti specializzati, anch'essi - praticamente - solo in Inglese)

Del buon programma di calcolo astrologico è componente essenziale anche un database persone/eventi che non sarà mai abbastanza ricco,e certo non si può limitare a quello sparuto migliaio di nomi che - nella migliore delle ipotesi - viene fornito dalla Casa produttrice, a cui aggiungere qualche decina di amici-parenti-conoscenti.

Io personalmente mi occupo di Astrologia per quasi mai meno di una buona metà della mia giornata di lavoro (e più spesso molto di più): di questo tempo, una parte è metodicamente impiegata nella ricerca e nell'aggiornamento di date utili allo scopo ed all'argomento che mi propongo. Tale ricerca non si fa una volta per tutte, ma deve necessariamente procedere mano a mano che si progredisce, dato che il percorso non parte mai dalla domanda "che cosa significa il Tal asteroide nel tema di Tizio?", ma piuttosto da qualcosa che assomiglia a "che cosa hanno in comune tutti questi Tizi con il Tal asteroide nella tal condizione?"

Una buona quantità di tempo a disposizione.

La ricerca non è un hobby da sabato pomeriggio: è un serio impegno quotidiano, e non importa se non è remunerata né tanto né poco. Per fare ricerca non è sufficiente desiderare e sognare di poterlo fare: se non si ha molto tempo a disposizione, non si va molto avanti. La quantità di tempo necessaria è spesso inimmaginabile, e si esprime in ore al giorno per tanti giorni di tanti mesi, non in spazi risicati all'osso.

Per come la vedo io, quanto detto sopra è il fondamentale patrimonio pratico che non può essere assente nello zaino del ricercatore. Senza questo, non si può neanche progettare di partire.

 

 
 
 
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