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LE RUBRICHE DI ERIDANOSCHOOL - Astrologia e dintorni a cura di Lidia Fassio

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a cura di Lidia Fassio 
QUANDO I GENITORI VOGLIONO CAMBIARE IL DESTINO AI FIGLI.
 
Quando i genitori vogliono cambiare il destino ai figli. Non è mai facile riuscire a non fare “proiezioni sui figli”. I genitori purtroppo non sempre riescono a realizzare bene il loro potenziale e, così, non appena hanno un figlio tendono ad investire molti dei loro desideri su di essi mettendo così una serie ipoteca sul loro destino che, invece, dovrebbe potersi esprimere liberamente partendo appunto dalle loro attitudini e prospettive. Questo non riguarda solamente le proiezioni sul futuro ma anche quelle più legate al loro carattere e ai loro comportamenti e così, nell’arco degli anni formativi le aspirazioni genitoriali si sedimentano pienamente nella psiche dei figli che poi dovranno lottare magari anni per svincolarsi da questo carico “liberandosi” da retaggi che occupano la psiche e che, qualora vengono disattesi, generano sensi di colpa e percezioni di tradire proprio ciò che si è amato di più.


Quando si “aspetta un figlio” è inevitabile che i genitori comincino a “pensarlo” e a “immaginarlo”, appoggiando su di lui anche quelle idee che riguardano le caratteristiche fisiche e psicologiche che vengono considerate positive dagli stessi, al punto che vorrebbero possedere essi stessi. In questo modo si soddisfano due principi fondamentali: il primo riguarda il desiderio che il figlio modo somigli o, addirittura, abbia potenzialità migliori e che, di conseguenza, sia in grado di superarli.

Psicologicamente parlando questo è del tutto normale nella fase di gestazione, anzi, vi sono alcune scuole psicologiche che considerano positivo questo approccio in quanto sembrerebbe garantire la creazione del “collegamento” tra la madre e il figlio e tra il mondo esterno e il bambino.
La psicologia prenatale teorizza che i bambini che non vengono adeguatamente pensati avvertano la sensazione di distacco che tenderanno a sentire come “indifferenza” o “mancanza” di un vero e proprio collegamento, soprattutto con la madre. Una importante ricerca scientifica sottolinea che il feto è in grado di “avvertire” se l’ambiente lo accoglierà oppure se lo respingerà e, pertanto, essere in contatto con la madre e con l’ambiente è fondamentale e contribuirà a far si che il futuro bambino si sente parte integrante del “consorzio umano”.
Essere fantasticati indica infatti “sentirsi importanti ed amati ancora prima di essere visti” e questo è fondamentale poiché apporta senza dubbio la sensazione di “partecipazione” che andrà a creare il pacchetto sicurezza e serenità; come se vi fossero più possibilità di accedere al mondo quando si è confortati dall’essere desiderati ed amati ancor prima di nascere.

Chiaro che, quando il bambino nasce, la prima cosa che fanno i genitori ed i parenti è quella di affollarsi davanti alla nursery per vedere le “somiglianze”. E’ provato che più il bambino somiglia ai genitori e alla famiglia più ci saranno possibilità di accoglienza e di riconoscimento. E’ chiaro che la “somiglianza” non riguarda solamente il lato “fisico” giacchè, man mano che passa il tempo, la “somiglianza” si sposterà sul piano caratteriale e psicologico. Si entra più facilmente in sintonia con i bambini che hanno lo stesso modo di sentire ed un certo tipo di affettività.
I bambini che sono “diversi” faticano di più ad inserirsi. Possiamo così comprendere come può essere particolare il viaggio di certi bambini con forti valenze nettuniane che difficilmente si sentono “identici” ai genitori che, manco a dirlo, li percepiscono “estranei” e diversi da ciò che sono loro.

Nel tempo i genitori dovrebbero imparare a togliere le loro proiezioni dai figli perché, solo in questo modo, permetteranno l’affiorare delle loro personali qualità evitando così di obbligarlo a “somigliare” quando in realtà è “diverso”.

Non sempre i genitori fanno facilmente mente questo passaggio de quindi, le aspettative restano e si cementano nella psiche del bambino che, si sentirà obbligato, ad incarnare certe aspettative genitoriali.

Però, mentre dir regola quasi tutti i genitori accettano il lato fisico del figlio, sono invece molti quelli che non accettano un figlio che abbia attitudini diverse da ciò che si aspettano ed hanno coltivato nella loro testa. Spesso capita di sentire genitori che aspettano figli che, per loro sfortuna, sono già candidati a diventare medico o insegnante e questo senza che il genitori abbia la minima consapevolezza del danno che andrà ad arrecare. Magari c’è una certa buona fede di sottofondo in quanto, magari il genitore è convinto in questo modo di spianare la strada ai figli, tuttavia i figli dovranno seguire la loro vocazione ed investire su quelle che considerano le loro risorse.

Così, chi non ha avuto la possibilità di studiare, spera che il proprio figlio completerà gli studi e riscatterà questa pecca; chi aveva velleità artistiche, sogna un figlio pieno di talento che soddisfi il suo desiderio insoddisfatto; chi voleva fare sport non vede l’ora che il figlio cresca un minimo per poterlo avviare proprio allo sport che tanto si ama e quindi lo plasma in modo preciso restando cieco su caratteristiche che, invece, potrebbero esprimersi al meglio in altri ambiti..
In particolare è sempre il primo figlio, soprattutto se è maschio, ad incarnare il massimo delle proiezioni genitoriali candidandosi quasi sempre a sentirsi infelice e non realizzato. In effetti è fondamentale cercare di comprendere che “l’autorealizzazione”, quella che è presente nella nostra decima casa, è strettamente dipendente dalla “vocazione” che, invece, può essere vista nella casa nona. La vocazione si basa su precise risorse che il tema natale rivela e che, raffinate ed opportunamente fatte crescere, possono veramente diventare capacità in grado di riempire la vita di una persona.

Sarebbe fondamentale che i genitori evitassero di “mettere addosso al figlio aspettative irrealistiche” ma proporsi come veri e propri “educatori” persone che stanno a guardare cosa emergerà spontaneamente occupandosi poi solamente di coltivarle e renderle evidenti.

Se non si pongono in questi termini (come desidera la casa Va.. casa in cui si individuano le attitudini educative individuali) i figli non verranno lasciati liberi e faticheranno ad esprimere ciò che hanno dentro, anzi, spesso soffocheranno le loro reali potenzialità per andare ad abbracciare capacità che in realtà non gli appartengono. In questo modo, essi forgeranno inevitabilmente il destino dei loro figli manipolando la loro natura, plasmando e costruendo qualcosa che in realtà non c’è e che, di conseguenza, sarà forzato. Spesso quando vi sono queste situazioni i figli si trovano poi a provare senso di inadeguatezza.. non solo, ma quasi sempre finiscono poi per non trovarsi assolutamente bene nell’ambiente lavorativo in modo tale da arrivare un giorno a lasciare e a rientrare nella loro “vocazione”.

E’ proprio da queste situazioni che nascono grandi difficoltà e percezioni di “non essere all’altezza e di non valere”, poiché non vengono utilizzate le proprie risorse obbligandosi a faticare il doppio per sviluppare qualità che non esistono e che richiederanno anni di lavoro sempre con la sensazione di essere fuori posto.
Quello che Winnicott chiama il “falso sé” nasce spesso da situazioni di questo tipo e da un vestito cucito addosso ma, ovviamente, non della propria misura: tutto questo è molto facile da ottenere da un bambino che, come ben sappiamo, ha il desiderio di essere accettato prioritario rispetto a qualunque altro. Il problema è che, a questo punto, il bambino si trasformerà, medicherà, amputerà e falserà anche emozioni, sentimenti e pensieri nel tentativo di essere come “gli altri desiderano”.

A volte i problemi nascono invece dalle eccessive ambizioni che il genitore ripone sul figlio dal quale si aspetta quasi un risarcimento sociale per qualcosa che non ha potuto fare o che non è riuscito a fare esso stesso a suo tempo. E’ il caso dei bambini che hanno già un destino segnato ancor prima della nascita e che, fin dall’infanzia si troveranno pressati da genitori che puntano troppo sulle loro prestazioni, investendo in modo esagerato, mostrando delusione quando i figli non rispondono nel modo desiderato.

In una società che sta diventando sempre più aggressiva in cui l’unica cosa importante è il successo, a cui si accompagnano il denaro e l’immagine, molti genitori spingono i loro figli a “diventare qualcuno”, mostrando acutamente la disillusione se poi questi non sono all’altezza o se sono troppo poco competitivi ed ambiziosi. In questi casi i figli avvertono pienamente di dover riempire un profondo vuoto genitoriale che, a sua volta, li svuoterà completamente e li lascerà perennemente insoddisfatti alla perenne ricerca di qualche compensazione.

Certo, se in un certo senso è umano “sognare” che i figli diventino più di quanto non siano stati i genitori, non lo è invece, pretendere che questo accada nella realtà e premere sull’acceleratore affinchè essi gratifichino appieno le ambizioni degli adulti.

Spesso accade di vedere bambini molto dotati che, proprio per questo sono eccessivamente spinti da genitori ambiziosi e poco rispettosi che finiscono per deprivare i figli della loro infanzia spingendoli e stimolandoli senza rispettare i tempi, bisogni e desideri.

Spesso, l’avvicinarsi del bambino ad uno strumento musicale, o alla danza, o ad un particolare sport, è assolutamente spontaneo e, se rimanesse tale, un giorno potrebbe anche diventare qualcosa di più di un hobby. Se invece il bambino viene pressato, cesserà l’amore per quell’interesse che, a quel punto verrà portato avanti contro la loro volontà fino a diventare una sorta di “obbligo” non amato. Altre volte non viene ammesso che un determinato interesse venga coltivato come hobby ma si pretende che diventi un vero e proprio “studio”.
In questi casi spesso non si pensa al desiderio dei figli e neppure alla loro serenità interiore, non si guarda se effettivamente sono felici di ciò che stanno facendo e non si capisce che questi impegni eccessivi che riempiono le loro giornate, finiscono per impedir loro di giocare e di frequentare altri bambini che, invece, faciliterebbero il vivere la loro età che è fatta di attività ludiche, di scambio e di socializzazione.

Occorre ricordare che il bambino deve poter sempre restare nella dimensione del gioco, e deve mantenere un rapporto chiaro con il divertimento e con la spontaneità. Rubare questi anni preziosi significa creare dei futuri infelici che si sentiranno privati di una parte importantissima della vita e che non riusciranno a trovare ciò che veramente piacerà loro.

I figli tendono per natura a compiacere gli altri, proprio perché hanno la necessità di piacere e di essere amati; se però predomina questa parte, non se ne faranno nulla dei successi, perché non sapranno apprezzarli in quanto verranno visti come ciò che li rende infelici e “diversi” dagli altri; questo stato ruberà loro il desiderio che è il motore di qualsiasi raggiungimento di una realizzazione personale.

I bambini che sono stati investiti di eccessive ambizioni genitoriali si trovano in uno stato di pseudo depressione che rischia di svilupparsi con comportamenti a rischio in età adolescenziale, quando diventa più difficile riuscire ad adeguarsi alle esigenze esterne.

E’ quindi importantissimo per una coppia di genitori osservare con l’entusiasmo di un bambino cosa viene fuori dal cilindro dei loro figli. I genitori dovrebbero, dopo aver piantato i loro semi, attendere fiduciosi che questi maturino e vengano alla luce, ricordando sempre che i figli, non solo non sono uguali ai genitori, ma anzi, sono spesso sono migliori, ma non è detto che lo siano nelle stesse identiche cose o in ciò che i genitori si aspettano.

Permettere loro di crescere, di giocare, di essere liberi di scegliere sarà un dono prezioso che si farà alla loro futura personalità che potrà così sviluppare la fantasia, la creatività e la fiducia nel mondo che nascerà solo se è stato loro permesso di affacciarsi alla vita con la loro autenticità.

Se questo non accade i figli finiscono per vivere anche una sensazione di ingiustizia che si tramuterà in sensazione di non essere apprezzati per sé stessi ma per quanto sapranno fare nella vita.
E’ proprio così che non riusciranno poi a “riconoscersi” e a sviluppare sé stessi e a vivere
I genitori devono imparare a cercare dentro di sé le proprie risposte in modo da non proiettarle e spostarle sui figli che, invece, devono poter manifestare in ogni momento della loro vita ciò che sentono e che hanno dentro poiché saranno questi gli ingredienti che li accompagneranno a scoprire la loro vocazione.

 
 
 
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