
                               Indagare le cause delle dipendenze è essenzialmente compito della psicologia, tuttavia, vi sono anche altri “percorsi” che si interessano di comprendere questo tipo di esperienza. 
Possiamo cominciare subito con il dire che si tratta di un’esperienza limite, qualcosa che è in grado di stravolgere e, spesso, di travolgere una vita e, per questo, è difficile da capire da chi non ne ha mai subito il fascino. 
E’ chiaro che la tossicodipendenza traduce un “disagio profondo” che finisce per diventare un “attacco alla vita stessa” a cui la droga risponde in modo preciso attraverso una “fuga costante dalla realtà”, tuttavia, non possiamo soffermarci solamente su questo piano, giacche’ ci sono maestri spirituali che sostengono che anche le dipendenze, come ogni altra malattia, ha un suo lato positivo che dovrà essere trovato in modo da portare verso un apprendimento nuovo ed una crescita che, in fondo, è una ricerca “spirituale”.
Sappiamo che astrologicamente le dipendenze sono legate a Nettuno che, nel caso, offre il suo lato ombra anziché  luce; per cui, se riusciamo a comprendere pienamente il suo simbolo, possiamo anche fare un minimo di chiarezza in più su questa patologia.
Nella dipendenza il soggetto tende a “perdere sé stesso e ad annullare i limiti del corpo e della mente”; in questa definizione troviamo una chiara  connotazione Nettuniana: infatti, Nettuno cerca  per tutta la vita di spingerci verso una dimensione allargata, in cui l’Io riconosca di appartenere a qualcosa di più grande ed entri in relazione questo “qualcosa”. Intendiamoci, il punto fondamentale da comprendere sta nel fatto che l’Io non si deve perdere, bensì deve “trascendere” i suoi confini penetrando nella dimensione del Se’.
Tra i simboli Nettuniani vi è sicuramente quello dell’affidamento: il punto da comprendere è “..a cosa dobbiamo affidarci”; certo, nel caso della  tossicodipendenza  l’affidamento è  ad una sostanza e, sappiamo che non è certo questa la finalità di Nettuno. Tuttavia, la dipendenza insegna che, al di là del corpo, della mente e dell’Io esiste  qualcosa che vuole manifestarsi e di cui bisogna farsi carico, qualcosa che “continua a chiamare” anche quando il corpo, la mente e l’Io sono in completo disarmo. 
Sappiamo dalle esperienze di regressione guidata  che molti “saggi” sono stati “dipendenti da droghe o da alcool” nelle vite immediatamente precedenti a quella attuale; lo stesso destino sembrerebbe accomunare molti artisti che, con  la mente ancora intrisa  di ricordi confusi, continuano a ricercare la “l’ispirazione e la visione”   ricorrendo   a sostanze  in grado di aprire le porte della loro percezione.
Siamo a conoscenza che gli sciamani usavano e usano  “sostanze” per poter accedere ad altri punti di percezione che non siano   quelli razionali, o per intenderci, Mercuriali: ciò  significa che certe sostanze,  al di là dei loro effetti assuefativi che si evidenziano  nell’utilizzo a  lungo termine, permettono  di entrare in “altri stati di coscienza” che lamaggior parte delle persone  neppure può immaginare perché mai  contatterà mai nella vita.
La neurologia e la fisiologia  sintetizzano  principi attivi con particolari potenzialità; essi servono a lenire il dolore oppure a produrre sonnolenza e sono fondamentali per sedare ed  anestetizzare prima di  procedere ad un intervento; le persone comuni conoscono conoscono bene  l’effetto della febbre molto alta: essa è in grado di trasportare la mente  in “altre dimensioni”, permettendo di vedere  immagini e visioni a cui mai ha avuto accesso in precedenza.
Aldous Huxley che ha sperimentato  su di sé l’effetto di alcune droge, tra le quali la mescalina, usa una parola interessante per definire ciò che  percepiva quando era sotto il suo effetto: “essenza”; lui sostiene  che si può percepire l’Essere della filosofia platonica, la Beatitudine, la Consapevolezza pura delle cose; riporta che  finalmente poteva vedere il “non IO” liberato dal soffocante abbraccio dell’Io.  
Ciò che risulta evidente ruota attorno ad  una percezione centuplicata che permette  di annullare il senso dello spazio tempo e quello di   separazione tra il dentro e il fuori. C’è quindi la percezione della totalità, di un Tutto in cui le cose non sono separate e non vi è un inizio e una fine, ma solo un “eterno prsente”. 
Non intendo  certamente dilungarmi sulle proprietà delle varie sostanze stupefacenti (il nome stesso è interessate e lascia intendere “ meraviglie”), ma il mio interesse è rivolto a sottolineare  che chi imbocca questa strada è comuque alla ricerca di qualcosa che non riesce a trovare quando la mente viaggia a regime normale.
In pratica, i tossicodipendenti trovano la loro essenza  proprio quando annullano il loro corpo, quando hanno perso tutte le loro relazioni e non vi è  più traccia della loro personalità, si sentono  molto vicini al SE’  e avvertono la reale possibilità che lo “spirito possa essere liberato”. 
Le parole stesse non lasciano spazio a dubbi;  è di Nettuno che stiamo parlando ed  è sempre quell’archetipo  che desidera  che tutti noi  arriviamo all’essenza delle cose, smettendoci  di perderci nelle false illusioni, ma tornando   a contattare il nostro Se’ partecipando così alla grande armonia dell’universo. 
Certo, Nettuno ci dice che ci sono  strade migliori  per raggiungere tutto ciò; si tratta di percorsi   più nobili, e più sicuri che  richiedono tempo e lavoro ma che permettono di raggiungere lo stesso risultato in totale consapevolezza e  senza dover distruggere  il corpo che è pur sempre il veicolo su cui siamo imbarcati per fare il nostro viaggio.
E’ fin troppo chiaro che la tossidipendenza è un modo molto negativo per arrivare a questo livello di esperienza, ma, se ci limitiamo a prendere in considerazione ciò che cerca il soggetto dipendente, allora possiamo dire che  non è molto lontano dal Maestro Zen, dal  Buddha o dal grande mistico che stanno   anch’essi cercando come   liberare lo  spirito accedendo via via a  stati di coscienza più elevati che  consentano  di vedere una realtà alternativa.
Gli studi dei vari psicologi che  hanno sperimentato le droghe  dimostrano come  aprono la porta al conoscersi attraverso passaggi in stati di coscienza alterati e diversi: paradossamente è proprio abbandonando lo stato di coscienza ordinario che si accede ad una “visione assoluta” che permette una consapevolezzache va al di là della condizione di polarità in cui siamo relegati dalle leggi della materia e della realtà.
Gli allucinogeni, e in particolare l’eroina,  i vari derivati dell’oppio, la mescalina, il peyote  e l’ultimo ritrovato chimico moderno (l’extasy) hanno tutti  alla base la capacità di aumentare il campo della percezione;  amplificano il “sentire” e il “vedere” e conducono ad uno stato estatico, tipico  degli stati profondi di meditazione.
La celebre astrologa americana Donna Cunningham, che lavora da tempo sulla guarigione karmica, sostiene che esiste un vero e proprio karma della dipendenza in cui si trovano le persone ( o le anime) che sono state sradicate dalla loro cultura in vite passate. 
Essendo lei americana, ha osservato che la seconda generazione dei vari  immigrati  che sono giunti negli States ha generalmente un altissimo  tasso di dipendenza. Un tempo era l’alcool e oggi è la droga, ma in ogni caso, la dipendenza, secondo lei, ha due  scopi fondamentali: 
-  mettere in evidenza il disagio e la difficoltà di integrazione che questi soggetti vivono non trovando più radici nella vecchia cultura, pur sentendosi ancora totalmente estranei alla nuova; 
- permettere un distacco molto più forte dalla situazione che si sta vivendo  creando un ponte tra diverse culture. 
Qualunque sia la verità animica, culturale o psicologica, è chiaro che chi diventa tossicodipendente è alla ricerca di qualcosa che non riesce a trovare nella vita ordinaria e nelle relazioni;  tuttavia, spesso  è mancante  - data la giovane età – di un senso di struttura e di  consapevolezza che permetterebbe di   trovare lo stesso risultato seguendo la via spirituale che, è però molto più lunga, fatta di sacrificio, di pratica e di autodisciplina. 
Possiamo quindi dire che la droga è un surrogato, un palliativo alla via spirituale, una sorta di scorciatoia che prendono coloro che desiderano un ritorno all’unità senza percorrere la giusta via. 
Come a dire che per accedere a Nettuno, bisogna prima bere l’intero calice saturniano, struttura, maturità e responsabilità; in caso contrario, il vuoto Nettuniano viene solo illusoriamente  riempito con sostanze che, pur essendo in grado di produrre effetti immediati e “stupefacenti”, portano  con sé  inevitabilmente il perfido seme  della distruzione. 
Nettuno ci ricorda ancora una volta che non la sua non è mai una via di “fuga”, ma un vero e proprio lavoro interiore in grado di produrre  la completezza a cui noi tutti aspiriamo; indica un percorso di lavoro,  di autonomia e di libertà personali conquistate uscendo  e trascendendo  i condizionamenti e le convenzioni, senza mai  fuggire da ciò che non si sa in nessun modo sostenere.