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a cura di Lidia Fassio 
BELLA E LA BESTIA - L’AMORE CHE TRASFORMA
 
BELLA  E  LA  BESTIA - L’amore che trasforma Il titolo originale di questa fiaba è”Bella e la Bestia”; negli ultimi anni è stato trasformato in “la Bella e la Bestia” ma, in realtà, BELLA è il nome dell’eroina di questa fiaba.

E’ una favola è molto bella ma spesso, molto male interpretata; essa infatti viene quasi sempre presa a modello di una tipologia femminile tradizionale che ha un ruolo negativo e disfunzionale, per cui è bene fare chiarezza e comprenderla nella sua essenza più nobile.
Il tema portante della favola è quello della trasformazione che giunge dall’amore: la Bestia alla fine della favola si trasforma in un principe bellissimo.


Il tema iniziale è quello di BELLA, una ragazza giovane che, per salvare la vita del padre decide di prendere il suo posto e di andare al castello dove vive la Bestia .
Quando giunge in questo posto, viene accolta in maniera molto positiva e ogni suo desiderio viene esaudito; Bella incontra la Bestia solo la sera quando è ora di cenare e lui, ogni sera, la chiede in moglie ed ogni sera lei risponde di no e lui, frustrato si ritira.
In realtà, ogni sera la Bestia perde un po’ del suo vigore, fino a quando non ha più energia e sta per morire: in quel momento Bella si commuove perché scopre il suo attaccamento per lui e, senza indugio, accetta di sposarlo.


Il seguito della fiaba è molto conosciuto: lui si trasforma in un bellissimo principe perché l’amore che riceve ha il potere di annullare l’incantesimo che lo aveva colpito e, come in tutte le favole, vivono felici e contenti per sempre salvando così anche la vita del padre di BELLA.



La favola ha dato vita e sostenuto nel tempo uno schema di interpretazione errato ma tanto caro al mondo femminile: quello di poter redimere, salvare e cambiare qualcuno in virtù dell’ amore e del sacrificio personali.
Questo schema mentale è ancora molto attivo oggi e, in effetti, molte donne sono convinte che potranno salvare qualcuno con la loro dedizione e il loro amore.

Dietro però a questo modello psichico si nasconde qualcosa di molto negativo e addirittura “fraudolento” che non ha nulla a che vedere con l’intento della favola.
In effetti, quando non si ha una perfetta valutazione di sé, si tende ad innamorarsi di persone che hanno problemi e, quando queste poi non rispondono alle aspettative, si cominciano a cercare strade impervie e poco consone per cercare di cambiarle e di farle diventare … “secondo le nostre aspettative”.

Perché è ancora così forte il mito di trasformare qualcuno che si considera sbagliato o malato in una persona affidabile, buona … e – manco a dirlo - riconoscente verso chi lo ha salvato?

In questa dinamica ci sono molti risvolti, tutti interessanti. Il primo è che questo schema si può agganciare ad un ideale dell’IO molto virtuoso: offrire sostegno e compassione a chi ha problemi è un retaggio lasciatoci dal mito cristiano che tuttavia, non chiede a nessuno di sacrificare la sua vita per un’altra persona e, a maggior ragione, non chiede mai l’annullamento di sé in un’altra persona.
Il Mito dell’annullamento ha sempre a che fare con qualcosa di SPIRITUALE e non di MATERIALE.
In realtà, quando uno si mette in questo tipo di situazioni tende a illudersi circa la sua bontà e, dietro a questa maschera c’è in realtà un’autostima molto bassa che, per salvarsi, ha bisogno di potersi agganciare a qualcuno da controllare, qualcuno che abbia dei problemi e che in qualche modo sia valutato inferiore dal soggetto così che, controllandolo e sostenendolo il soggetto in questione possa trarre una forza che deriva dal sentirsi utile ed indispensabile.

Le donne che hanno più predisposizione ad entrare in questa parte sono quelle che hanno difficili combinazioni tra Luna – Venere e pianeti quali Nettuno e/o l’accoppiata Saturno e Marte; questa configurazione è un misto tra il prepotente bisogno di amore che viene spesso confuso con sentimenti quali pietà, compassione, vulnerabilità e, soprattutto “dipendenza”; al tempo stesso però sono presenti anche bisogni di riscattarsi da rifiuti subiti e negati misti a dinamiche di potere e di aggressività che, anziché essere elaborate, vengono rivolte verso sé stesse (sotto forma di masochismo). Nell’insieme è un vero miscuglio magico di sensazioni ed emozioni che vanno dalla rabbia, alla negazione di sé, al bisogno di trovare forza nel sacrificio e nella debolezza altrui, che creano un mix di strane energie che agganciano alla perfezione le proiezioni di persone instabili, dipendenti ed emotivamente disturbate.

Sempre, dietro a questo “eccesso di aiuto”, ci sono dei meccanismi molto più personali che altruistici: una frase interessante per queste persone potrebbe essere “l’aiuto è il lato luminoso del controllo”; chiunque abbia un fortissimo bisogno di aiutare e di sostenere, soprattutto quando lo fa a scapito della sua dignità e della sua libertà, deve cercare di chiarire bene dentro di sé quali motivazioni si celano dietro alle azioni e ai comportamenti coscienti.

Soprattutto quando ci si trova in situazioni in cui si vuole aiutare o cambiare qualcuno che, in realtà, non ha mai mostrato di volerlo fare per sé, oppure quando si fa per altre persone quello che sarebbero perfettamente in grado di fare da sole; questi sono i casi in cui bisogna porsi la domanda di cui sopra, perché in realtà dietro c’è un “perfetto autoinganno” sulle intenzioni e su sé stessi.
La domanda va posta soprattutto quando supportiamo le nostre azioni con eccessi di alibi, quando vogliamo a tutti i costi fare qualcosa che non è parte delle nostre responsabilità e che, magari impedisce la responsabilizzazione di qualcun altro; oppure quando pensiamo che l’altro cambierà e diventerà come noi vogliamo. Tutte queste situazioni da un lato celano un’illusione di bontà su noi stessi e, dall’altro, ci permettono di non vedere che ci impadroniamo della vita di qualcun altro pretendendo anche di cambiarla.

Dietro a questi comportamenti c’è quasi sempre un tentativo strenuo di negare i propri sentimenti e la propria sofferenza controllando le persone vicine. Però, la relazione tra i pianeti che ho elencato precedentemente crea sempre una imperfetta percezione del proprio valore e della propria capacità di attrazione, soprattutto in una donna che finisce per sentirsi incapace di “essere amata” perché non è mai stata amata: al posto dell’amore ci saranno dunque “dovere e sacrificio” e, proprio per questo, attraggono persone che “avendo bisogno” si crede che non potranno fuggire, tradire o andarsene in quanto non autosufficienti, oppure non attraenti o, in ultimo, perché nessun altro li vorrebbe.

Quanto sopra è però molto diverso dal tema della favola in cui è evidente che il cammino di trasformazione la nostra eroina lo fa nei confronti dei suoi lati “bestiali ed istintivi” quelli che sono tali perché non sono accettati e che, di conseguenza, le fanno paura. BELLA infatti, ha sicuramente una parte istintiva ed aggressiva forte che crea problemi nella sua famiglia (la favola dice che le sorelle rivaleggiano con lei e il padre viene condannato dalla Bestia per qualcosa che non viene minimamente indicato nella favola); sappiamo bene che la famiglia di cui parla la favola è la sua interiore per cui si può pensare che BELLA, che è nella pienezza della giovinezza, si trovi in una situazione di difficoltà a controllare tutta la sua parte istintiva che vuole esprimersi, ma per poterlo fare in maniera creativa Bella ha bisogno di avere una identità definita.

E’ anche una favola che parla della rottura del guscio narcisistico dall’amore distruttivo verso il genitore e del bisogno di allontanarsi dal mondo parentale per entrare in relazione con qualcuno di esterno e, psicologicamente parlando, con quelle parti che però fanno paura e che non si sanno gestire bene (parti mostruose).

BELLA, quando arriva al castello, è in piena fase di desiderio narcisistico (le viene dato tutto ciò che desidera) e questo indica ancora lo stato infantile della psiche, uno stato di onnipotenza che desidera e vuole tutto ciò che può immaginare.
Tuttavia questa gratificazione eterna diventa ben presto noiosa tanto che l’unico vero diversivo per BELLA è la cena, quando appare il mostro e le chiede di sposarlo.

Anche per BELLA è necessaria una trasformazione; infatti il mostro appare al momento giusto nella vita della ragazza, ad evitare che la sua esistenza continui nel senso di vuoto e nell’assenza di significato e di scopo (stati di inconscietà) mentre, la notizia che il padre è gravemente ammalato, crea una sorta di choc che sconvolge la non-esistenza della fanciulla (e qui lei riapre il contatto con la vita).

Possiamo vedere questo fatto come una vera e propria chiamata del Se’ in quanto, in quel momento lei capisce che deve diventare adulta e che, per farlo, ha bisogno di una relazione vera e profonda.
BELLA inizialmente aveva raggiunto la Bestia solo per amore del padre: lei era andata lì al posto suo per salvargli la vita, ma lei non aveva fatto alcuna scelta di relazione con la Bestia, per questo la favola annuncia una nuova “chiamata di orientamento alla vita”.
Lei deve lasciar morire suo padre – simbolicamente – per potersi avviare verso la relazione con la Bestia (che rappresenta la relazione adulta con il conseugente fronteggiamento delle parti ombra).
Infatti, quando lei torna a casa a vedere il padre morente, la Bestia le manda un messaggio tragico, le dice che se lei non torna presto lui morirà.

Anche in questo vediamo il grido estremo del Se’ che, se non riesce a far sviluppare l’IO, tutto sarà perduto.

A quel punto BELLA sente veramente la relazione con questo uomo e corre al castello dicendo di amarlo e di volerlo sposare.

Bella a quel punto SCEGLIE e può farlo perché l’amore ha veramente trasformato la sua vita da istintiva a cosciente.

L’intera favola si incentra dunque sul potere trasformante che l’amore e il valore di sé hanno sulla propria vita e sulla propria psiche: una reale possibilità – che passa attraverso la relazione con il lato maschile della propria natura – di crescere e di celebrare l’unità interna (matrimonio) che rappresenta la salvezza per sé e per gli altri.

Qui sta l’equivoco di fondo: la favola parla della possibilità che l’amore ha di crescita e di avviamento verso l’ unità interiore; nel pensiero comune invece, si crede che l’amore abbia la possibilità di “cambiare l’altro”, cosa a noi non concessa.

 
 
 
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