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LE RUBRICHE DI ERIDANOSCHOOL - Astrologia e dintorni a cura di Lidia Fassio

RUBRICHE DI ASTROLOGIA

a cura di Rosamaria Lentini 
LE SPOSE DI ZEUS
 
LE SPOSE DI ZEUS
Già verso la fine del periodo aureo della cultura greca il racconto delle tante spose di Zeus metteva in imbarazzo coloro che, nei loro scritti, vi facevano riferimento, poiché, avendo perso il significato originario, era diventato solo un resoconto di capricci amorosi ben poco degni del Sommo Padre.
Con Era Zeus era “legalmente” sposato, anzi è lecito dire che la loro unione segna l’istituzione del matrimonio, per cui, quando si parla delle sue spose, s’intende quel lungo elenco di dee, donne mortali e ninfe con le quali si congiunse a fini procreativi, conseguiti i quali la relazione cessava con la stessa velocità con la quale era iniziata.
I figli nati dal matrimonio con Era furono quattro, numero assolutamente inferiore ai tanti che Zeus ebbe dalle sue spose e sono proprio questi numerosi figli a spiegare il motivo di quelle che furono poi declassate a scorribande amorose.

L’Olimpo nella sua creazione e nella sua organizzazione fu opera di Zeus che, pertanto, generò un nuovo universo e le lunghe e sanguinose lotte contro i Titani, Tifeo e i Giganti sono la testimonianza di quanto dovette lottare la nuova religione per soppiantare quella pre-ellenica, mentre le sue spose e i suoi figli furono il modo con il quale fu assorbita la religione precedente incentrata tutta sul culto della Dea Madre. I figli, inoltre, e tutte le altre nuove divinità furono sia il dischiudersi di ciò che precedentemente era solo in embrione, sia una maggiore articolazione della psicologia dell’uomo e del divino che presiedeva alla vita umana.
In questo lavoro sarà presa in considerazione la storia di tre spose di Zeus, corrispondenti alle volte nelle quali troviamo il pianeta nei Segni.

La quercia sacra

Erodoto racconta che due colombe nere partirono da Tebe d’Egitto alla volta della Lidia e di Dodona; una fondò l’oracolo di Ammon e l’altra, posatasi su una quercia, con voce umana annunziò che Dodona sarebbe diventata la sede di un oracolo di Zeus. Così fu infatti e la quercia sacra di Dodona fu il primo e più antico luogo oracolare greco, mai del tutto offuscato dal successivo e ben più celebre oracolo di Delfi.
Sacerdotesse di questo oracolo erano le Peleiadi, cioè le colombe, che dal fruscio delle foglie capivano il vaticinio del dio; ma le Peleiadi - particolatre molto significativo- non erano le sacerdotesse di Zeus, bensì di Dione, la dea sposata da lui proprio a Dodona.
Secondo la tradizione Dione era una divinità arcaica, addirittura antecedente ai Pelasgi e di conseguenza esistente da un tempo imprecisabile e di gran lunga più remoto rispetto all’arrivo degli Elleni. Fu una Dea Madre? Tutto lo lascia intendere, incluso il particolare sopra citato e, quindi, una Dea Madre associata alla quercia e della quale Zeus, sposandola, assorbì il significato. Anche Rea, altra Grande Madre, era associata alla quercia e questo albero, con valenze simili, lo ritroviamo in tutta l’area mediterranea, tanto da divenire l’Asse del mondo, il collegamento, ossia, fra terra e cielo.

Ma perchè la quercia?
La quercia, come tanti altri alberi, è stata una Madre, una delle sorgenti di vita che hanno aiutato l’uomo nella difficile lotta per la sopravvivenza. Il legno, tanto più duttile della pietra, era un materiale utilissimo per la costruzione di utensili, inoltre dava il fuoco, fonte di calore, di luce e di difesa dagli animali feroci e, soprattutto, fin dagli albori dell’umanità forniva cibo. Le ghiande, per rimanere nel tema della quercia, sono ritenute il primo alimento degli uomini, e, ancora fino a qualche decennio addietro, con la farina di ghiande, mescolata ad una particolare argilla, si faceva una specie di pane.

Questo è, dunque, il Giove astrologico del Toro, colui che fornisce sicurezza, radicamento, possesso di beni, prima fra i quali il cibo e che, in questa funzione, insieme a Venere e alla Luna , presiede alla conservazione della specie.

A questo proposito merita fare un breve riferimento al Simposio di Platone. In quest’opera il filosofo postula l’esistenza di due Veneri: una nata da Urano e che definisce perciò urania, simbolo dell’amore puro, che non ha bisogno di alcun oggetto per essere, e un’altra, detta Venere Pandemia o Dionea, come la chiama Omero,nata da Zeus e da Dione, che presiede alla procreazione e alla conservazione della vita umana, esattamente come la quercia con le sue ghiande.


Il Lungimirante

“Saranno mia prerogativa la cetra e l’arco ricurvo,
e vaticinerò agli uomini l’infallibile volontà di Zeus.”

Con queste parole gli Inni Omerici ci presentano Apollo. Concepito da Zeus con Leto, nacque ad Ortigia, che da lui fu ribattezzata Delo, la Brillante. Questo nome è una sintesi perfetta di ciò che per i Greci rappresentò questa divinità e a cosa dovessero servire le profezie che, per il tramite della Pizia, Apollo elargiva all’interrogante; i suoi vaticini, infatti, erano per lo più dati in versi e richiedevano studio e riflessione per potere essere intesi, perchè il loro scopo era quello di far “brillare” la mente, aprirla alle forme eterne della vita, dell’uomo e del suo essere nel mondo.
L’arco e la cetra sono l’emblema di Apollo e c’è da chiedersi come mai, due oggetti così diversi, addirittura contraddittori, possano rappresentare un dio e fondersi fra di loro. Due parole, esattezza e conoscenza, possono chiarire questo strano connubio. Il buon arciere lancia la freccia con precisione e colpisce il bersaglio e Apollo era un grande arciere, che feriva o uccideva chi alterava equilibrio ed armonia, ma così è anche la vera conoscenza che aborrisce qualsiasi cialtroneria e va diritta verso la meta ed era così anche la musica apollinea, che non nasce – come scrive Walter Otto- da un’anima intorpidita dal sogno, ma vola precisamente verso il segno, verso la verità, verso l’elevazione dello spirito, e sono questi fattori la prova della sua essenza divina.

Come ho già scritto nel mio articolo “Il Mito” :
“ In Apollo Zeus volle creare il più bello dei suoi figli e, pensando al significato della bellezza presso i Greci – sinonimo di misura, di ordine, di armonia e di elevazione spirituale - il motivo di questa designazione appare del tutto evidente. Fra tutti gli dei, infatti, Apollo è quello che più apre lo spirito alla libertà del pensare, del dire, dell’operare, è l’emblema della purezza nel senso più elevato….. è, perciò, la divinità che concretizza e simboleggia l’innata tensione umana verso l’Alto, la Luce, lo Spirito, è l’archetipo dell’essere umano che, non distaccandosi dalla sfera naturale, riesce però a non rimanerne imbrigliato….. La sapienza, la prassi misterica, la filosofia nascono tutte da questa forte spinta alla Conoscenza, intesa come una necessità improrogabile della vita….”

Apollo fu, perciò, il Lungimirante, il Puro, il Viaggiatore, il Maestro, l’Edificatore, colui che con il suo lungo passo viaggia sulla terra allo scopo di conoscere e di fondare luoghi di culto e città, luoghi che consentano di vivere il sacro e l’elevato in un’armonia interiore ed esteriore.

Possiamo immaginare il Sagittario come il più amato “figlio” di Giove? Penso proprio di sì, perchè tutte le caratteristiche di Apollo le troviamo in questo Segno : il Sagittario idealista, difensore della giustizia, viaggiatore, religioso non necessariamente di alcuna religione ben definita, il Maestro, colui che, a volte anche ferendo, dice verità sgradevoli, colui che ha lo sguardo sempre volto a ciò che è lontano e a ciò che sarà…. è nella sua forma più elevata il centauro con la sua freccia volta verso l’alto e il lontano.
Apollo rappresentò il modello dell’uomo greco, raggiungere i suoi valori fu lo scopo di una vita degna di questo nome.


E’ interessante a questo punto fermarsi un attimo sul fatto che sia il Giove del Toro, sia quello del Sagittario si riferiscano a due oracoli, quello di Dodona patrocinato dal Padre, quello di Delfi dal Figlio. E ancora più interessante e più indicativo è che in entrambi i casi le sacerdotesse, le Peleiadi e la Pizia, siano di sesso femminile. Perchè? Beh, con Dione, la Dea Madre antecedente agli dei olimpici, abbiamo avuto la prima risposta, la seconda è da ricercarsi nella lotta che Apollo dovette intraprendere per uccidere Pitone. Prima di lui, a custodia dell’oracolo di Delfi, c’era Pitone, un grande serpente figlio di Gea, che Apollo dovette uccidere per prendere possesso del luogo. E’ noto come il serpente sia collegato alla terra, sia nel suo “intimo” contatto con lei, sia nella muta della pelle tanto vicina alle fasi della Luna in cielo e al risveglio della vegetazione sulla terra, è perciò che, nel suo aspetto rigenerativo, sia la quercia, sia il serpente fossero assimilati al futuro e quindi divenissero fattori oracolari.
Lasciare a quei luoghi di rassicurazione e di conforto un residuo dell’originario significato, fu un tributo che la nuova religione celeste pagò a quella terrestre e lo fece tramite le sacerdotesse.



La Memoria

Dopo che Zeus ebbe riordinato il mondo e quindi lo ebbe nuovamente creato, mentre gli dei sull’Olimpo guardavano presi da meravigliato stupore quest’opera così straordinaria, il Sommo Padre chiese se per caso mancasse ancora qualcosa per raggiungere la perfezione. Ed essi risposero che mancava la voce divina per annunciare e lodare tanta grandezza. Allora Zeus si recò da Mnemosine, giacque con lei per nove giorni facendo sì che da questo lungo amplesso nascessero le Muse.
Questo è il racconto di Pindaro sulla nascita di queste nove bellissime fanciulle che, sotto la guida di Apollo, spesso ballando e cantando con lui, allietavano la vita degli dei e ispiravano la Poesia epica e quella lirica, la Storia, la Musica, la Tragedia, la Pantomima, la Commedia, la Danza, l’Astronomia.
Erano ispiratrici e, infatti, nel mondo greco era assente il concetto dell’individuo creativo, l’uomo non creava nulla- sarebbe stata un’azione dettata dalla hybris e punita come tale-, bensì ascoltava ciò che le Muse avevano deciso che lui ascoltasse. Lui era il tramite con il quale si manifestava il divino.

Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta...

E’ l’invocazione con la quale Omero si dichiara pronto ad accogliere ciò che Calliope, l’ispiratrice della poesia epica, vuole trasmettergli.
In questi pochi versi che aprono l’Iliade, si vede bene come la Musa sia la voce divina che dal cielo scende sulla terra perchè l’uomo possa conoscere e conservare ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà. E’ l’eterno e l’imperituro che, prendendo forma, diventano accessibili all’uomo e lo congiungono al divino che è sulla terra così come nel cielo.

Quello della nascita e della funzione delle Muse è un mito poco conosciuto e soprattutto incompreso nella sua importanza: Zeus che feconda la memoria, la rende viva e fertile e affida all’arte della danza, del canto, della tragedia, della poesia, dell’amore per il cielo…è la possibilità data all’uomo di ricongiungersi alla perfezione divina, di entrare in un profondo contatto con la magnificenza dell’universo.
Allo spirito che si dischiude al divino nel Sagittario, ora si aggiunge l’anima che, sorretta dallo spirito, non può abbandonarsi a nessun slabbrato sentimentalismo.
Questo è Giove del Segno dei Pesci, è l’ultimo Giove, quello che ha concluso il suo viaggio: è stato colui che prima ha nutrito il nostro corpo, poi ha aperto il nostro spirito alla Conoscenza, ed ora dischiude la nostra anima all’ascolto delle armonie divine. E’ supporto di Nettuno e possibilità di accogliere la Luna, la Luna Balsamica, la Luna che, avendo ascoltato la grande esperienza della storia umana e avendone fatta memoria, ora la racconta, per tramandarla e lasciarla a coloro che verranno.

Lentini R. : Il Mito. Convivio astrologico
Otto W. : Gli dei della Grecia
Pindaro: Inno a Zeus





 
 
 
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